DONNA ALLA FINESTRA, di Catherine Dunne
pubblicato da: admin - 21 Gennaio, 2011 @ 7:10 pm“Tra un libro e l’altro” non riesco a stare lontana dalla tastiera perchè sento l’urgenza di scrivere di ciò che avviene intorno a me e al libro. Medito sulla scelta dei libri da leggere. Ne abbiamo già parlato a lungo: qualcosa ci attrae, ci convince, ci sembra “nostro”. Altri libri ci vengono prestati,quindi in un certo senso imposti, ma con lo scopo di provare a condividere le stesse impressioni o di confrontare dialetticamente i diversi punti di vista.
“Donna alla finestra” mi è stato prestato da un’amica che l’ha trovato bello. Io lo trovo “senza infamia e senza lode” nonostante avessi a suo tempo  apprezzato della stessa autrice “La metà di niente”, dove la metà di niente è la solita casalinga con bambini, abbandonata dal marito. Tutte noi donne, anche se non abbandonate e non affette da troppa “casalinghitudine” siamo sostenitrici delle mogli  sventurate o ingiustamente trattate.
Poi di Catherine Dunne, dublinese, ci piacciono le descrizioni accurate del quotidiano. Le tazze del tè o del caffè, il profumo del pane da toast, le immagini delle stanze della casa, delle tendine, di ciò che si vede attraverso la finestra della cucina.
“Donna alla finestra” è la traduzione di “Set in Stone“ che risulta  un po’ diverso dal titolo italiano. Le mie angliste mi aiutino: seduta, ferma come una pietra? Immobilizzata? Quindi anche “davanti alla finestra” ad osservare avrebbe un po’ lo stesso senso. Ma stone, pietra è più incisivo, inquietante. La protagonista Lynda, artista che lavora in casa, sta vivendo un altro periodo difficile, a causa non solo del figlio adolescente ribelle e aggressivo, ma per il ritorno dal passato dello scapestrato Danny, fratello di suo marito Robert, che già aveva più volte sconvolto la loro vita.
Se ne accorge proprio in una buia e precoce nattinata invernale quando, come al solito, si alza per guardare in solitudine e in pace il suo giardino “giapponese”, essenziale, lineare con una bellissima tartaruga di pietra, simbolo di tranquillità e fermezza.
C’è qualcosa che non va, leggeri spostamenti, cartacce anomale che invadono l’armonia da lei creata, e quella sensazione aggressiva di chi sa che nel momento in cui vuole essere perfettamente da solo è invece osservato, spiato. Brividi spiacevoli di invasione al suo Essere.
Capisco questa sensazione. Quante volte cerchiamo degli attimi in cui vogliamo stare veramente soli senza agganci con l’esterno nè visivi, nè uditivi? Talvolta solo il fatto di staccare i telefoni mi fa sentire leggera oppure , come si diceva con Camilla, quando si è in ascensore da soli. Chiusi, siamo noi stessi, non condizionati dagli sguardi degli altri. Se poi, come sta succedendo in questo giorni nel mio condominio, ad un ascensore è saltata la lampadina io ne approfitto e sendo e salgo al buio, per due minuti. Momento di estrema ricarica solitaria. Neppure il mio sguardo mi invade attraverso lo specchio.
Ma se ci fosse qualcuno appostato a sorvegliarmi ? E con malevolenza come nel caso della protagonista?  Terribile, una violenza. E’ ciò che capita a Lynda che si sente vulberabile e impotente.
Nel racconto talvolta un po’ prevedibile c’è parecchia suspence perchè il diabolico Danny che vuole vendicarsi progetta un piano perfetto, acnhe se un po’ troppo machiavellico, per vendicarsi del fratello più amato dai genitori e  più fortunato. Sua pedina, inconsapevole complice, sarà  proprio Ciarà n il figlio adolescente. Lo fa avvicinare da Jon un ragazzo misterioso che entra subdolamente a far parte della famiglia.
Intanto Dublino, La “Tigre celtica”, sta subendo violentemente i contraccolpi della crisi economica mondiale, per cui Robert e Lynda si trovano anche in grandi difficoltà finanziarie.
Ma cone uscire da una vicenda oscura, complicata, pericolosa?
Sarà Lynda, la donna, lare della famiglia che , come in tutti i romanzi della Dunne, riuscirà  prima con il suo intuito squisitamente femminile a capire e prevedere le mosse del “nemico”, , poi con la sua forza a prendere le decisioni risolutive.
Il momento di dèfaillance quando, come pietrificata, dalla finestra osserva il suo giardino distrutto e la sua tartaruga gettata in mezzo allo stagno, sarà il momento della svolta, della riscossa: la vittima non si farà schiacciare!
Anche nei romanzi non eccezionali c’è sempre una riflessione preponderante: qui c’è la solita consapevolezza della forza di molte donne che riescono a rimettere in sesto la propria vita e la propria famiglia.
Ma lo sappiamo da sempre…che il sesso debole è il più forte…non è vero?
Carissima,
set in stone è una frase idiomatica che si riferisce ad una decisione irrevocabile, che nn si può più cambiare… rende bene l’idea della pietrificazione, dell’immobilismo… Ho letto due libri della Dunne, mi sono piaciuti abbastanza,,, ma in questi giorni sono riuscita a finire La versione di Barney di Mordecai Richler… Partito in sordina, mi è piaciuto sempre di più… So che in questi giorni è uscito anche il film che mi dicono essere carino…
p.s Che bello un nuovo post… controllavo in attesa ed è arrivato!
Buongiorno cara Mirna. E così hai finito donna alla finestra. condivido in pieno le tue riflessioni. Io sto, purtroppo, finendo il terzo tomo della famiglia Aubry e ne sento già il vuoto che mi resterà . Mi pareva di essere entrata in una zona inimmaginata, lontanissima e vicinissima al tempo stesso. Dove i pensieri di Rose, il suo sguardo sul mondo mi sembrano , a volte, strani e sottomessi alla cultura di molti anni fa’ ma , allo stesso tempo, pieni di qualcosa di condiviso e inquietante, perfino sconosciuto ma, ora, riconoscibile. E una grande nostalgia mi ha presa e rimpianto di aver troppo poco “sfruttato” la lunga e stabilizzante presenza di mia madre , vicina a me, per tanti anni. Quanto avrei potuto essere più felice, per tanti anni, se avessi compreso meglio tutto quello che la vita mi portava con le sue eterne ondate. violente a volte, talmente violente da far perdere l’equilibrio e spaventare. e allora va perso, nel frastuono, un attimo prezioso, appena intravisto tra gli impeti della paura. Insomma sono molto contenta di questo libro (tre libri, in realtà ) che tu già conosci e a cui avevi dato 10+. Quando la lettura è di questo tipo non chiedo altro.E’ che dura pochi giorni e poi il mio salvagente si sgonfia. Oggi devo provvedere alla prossima zattera di salvezza. Ciao Cara Mirna, sono felice di averti incontrata alla finestra sul cortile. Sei un piccolo faro che, spero tanto, non giri troppo spesso la chivetta d’accensione. Un abbraccio.
Intorno ai libri … sia in libreria che a casa. In libreria mi sento un giocatore alla roulette (sarà quello giusto?). In casa, un archeologo o uno storico: ma dov’era questo? Com’era quest’altro? Ah, questo si, lo ricordo bene …
Donna alla finestra. Ricordo un uomo alla finestra, James Stuart, nel film The rear window, La finestra sul cortile di Hitchcok. Anche li si parlava di un giardino con le pianticelle rimosse … di un animale (cagnolino) ucciso e di un uomo, costretto alla solitudine (giornaliera) da una gamba ingessata …
Solitudine positiva, ritrovarsi con se stessi … a me capita spesso, quando percorro chilometri e chilometri in bicicletta o con gli sci o miglia in barca a vela … non sono un misantropo, ma talvolta amo pedalare, sciare e veleggiare da solo. Vedo che riesco a pensare e riflettere meglio.
Allo stesso tempo però, proprio noi “isolanti†siamo i migliori “conduttori†dei nostri sentimenti, nel senso che non abbiamo paura di aprirci agli altri, ad esempio proprio su questo blog.
La trama del libro in esame mi ricorda per certi aspetti La guerra dei roses …
Quanto alla Versione di Barney, avevo in casa il libro e non lo sapevo (udite udite!). Ora che ho visto il film (all’inizio un po’ troppo americano, ma poi si fa perdonare abbondantemente) lo leggerò.
Evviva il nostro Blog, evviva Mirna!
@ Riccardo:La versione i Barney : ho parlato con chi ho visto il film, molto godibile, ma molte cose sono diverse nel libro, il film è purtroppo nè una versione sbiadita…Io come dicevo a Camilla nn riuscivo ad addentrarmi nel romanzo e i suoi continui flashback, non sapevo se trovarlo tragico o comico ( è un pò tutti e due…)ma ad un certo punto mi ha presa ed l’ho finito d’un fiato…
@ Camilla. Devo leggere anch’io la trilogia degli Aubrey. Ho fatto un pò di ricerche in Internet sulla West. Che personaggio interessante. E molto non è stato tradotto purtroppo…
Un abbraccio
Bene! E’ proprio così che dovrebbe proseguire il nostro dialogo “fra un libro e l’altro”.
Ieri sera mi ha telefonato da Genova RENATA la quale aveva appena visto il film “La versione di Barney”: era quasi in lacrime tanto l’aveva commossa. Perciò sia libro che il film sono da “assaggiare”. Sarebbe interessante che oltre a Raffaella e Riccardo arrivassero altri commenti a tal proposito per allargare il nostro circolo culturale e amicale.
Come capisco Camilla che ha dovuto lasciare la famiglia Aubrey che le ha fatto compagnia – e che compagnia!- per tanti giorni! E’ come dover abbandonare dei familiari cari. Si rimane un po’ sperduti fino a quando non si ritrova un’altra “Casa” dove entrare e farsi catturare da nuove consonanze.
Quante volte è successo anche a me! Ricordo ultimamente il romanzo di Almudena Grandes “Cuore di ghiaccio ” (di cui troverete il post nell’archivio) che con le sue 1000 pagine di storia spagnola e il racconto di un grande amore mi ha tenuta avvinta per molti giorni. Non vedevo l’ora di terminare i miei impegni per “correre” a Madrid, a Parigi, nei villaggi spagnoli e cercare di capire tutti i personaggi particolari dell’avvincente storia.
Meno male che poi si trova sempre ” tra un libro e l’altro” un altro “amico” a noi congeniale.