LALA, SOTTO IL SEGNO DELL'ACERO di Jacek Dehnel
pubblicato da: admin - 15 Febbraio, 2010 @ 8:11 pm E’ un polacco di trent’anni l’autore di questo ampio romanzo, un “dandy” alla Oscar Wilde, vincitore di numerosi premi sia come poeta che romanziere, è pittore ed anche traduttore.
Dall’inglese ha tradotto opere di Auden e di Mary Oliver, la poetessa fattami conoscere da Gary, e che prima o poi leggerò.
Lala è il nomignolo della sua amatissima nonna, nata nel 1919, una straordinaria persona di cui Dehnel ci racconta la storia. Proveniente da una famiglia cosmopolita in cui si mescolano polacchi, russi, tedeschi, Lala è una donna straordinaria che ha una passione costante: quella del leggere. Il luogo preferito in cui  farlo  è sotto l’acero del giardino della sua casa ed è per questo che dice al nipote di sentirsi del segno dell’acero. Lei stessa avrebbe voluto scrivere la sua storia, ma alla fine preferisce raccontarla al nipote che con i  suoi ricordi costruisce un romanzo intenso, da leggere con attenzione perchè i personaggi, le vicende vanno avanti e indietro, si intrecciano e ritornano con la stessa libertà  del racconto orale. Non è per i lettori distratti, occorre una buona memoria per imparare i nomi, occorre essere elastici per riuscire a seguire i flash back, insomma è una narrazione alla Proust.
Leggiamo con interesse la vita di questa donna forte, colta, che ama i fiori, e che ha uno spiccato senso dell’umorismo. Una saga familiare piena di amori, intrighi, atti di coraggio e momenti di intensa comicità che si svolge nell’Europa del Novecento.
I ricordi di Lala vengono raccolti dal nipote come un mazzo di fiori, non in modo cronologico, ma a seconda delle suggestioni del momento. Racconto avvincente che si snoda lungo tortuoso, avvincente e che va  di pari passo con l’ultimo tratto di vita dell’anziana signora. Dehnel sarà vicino a lei negli ultimi tempi per aiutarla e per  appropriarsi con amore di tutto il suo passato. Porta gli amici a conoscerla, dice che l’attrattiva principale del paese è proprio sua nonna, depositaria di ricordi così ricchi e suggestivi e rappresentante esemplare  di un’epoca importante.
Credo che ogni persona anziana, a prescindere dal tipo di vita vissuta,  sia un deposito di ricchezze, starebbe ai giovani non dimenticarlo e attingere da essi quanto più possibile.
Chiedere ai nonni e ai genitori di raccontare di sè…
Io mi trovo ad un punto della vita in cui posso raccontare molto del mio passato, dei miei genitori, dei miei nonni, del mio contesto sociale. Lo faccio soprattutto  con mia figlia la quale è avvantaggiata (o appesantita…?) dai miei diari iniziati nel 1959!!! Può e potrà leggerli…!
Avrei voluto chiedere di più ai miei genitori, ai nonni; ormai è troppo tardi; alcuni interrogativi rimarranno per sempre senza risposta. Fortunatamente sono una buona ascoltatrice e ho sempre nutrito interesse per la vita degli altri; soprattutto mi incantavano i ricordi di mia mamma giovinetta, quando ballava con i coetanei al suono delle canzoni di Rabagliati e Natalino Otto, e quelli di mia nonna Bianca, nata nel 1882; a lei chiedevo dei suoi abiti, della sua povertà , della sua bellezza. So che aveva posato per uno scultore, che non aveva bisogno dei cuscinetti sotto l’abito perchè era naturalmente formosa e che alla domenica, nonostante la bohème - come diceva lei, –  ballava con i “colletti duri”: impiegati, studenti, i ragazzi vestiti bene.
Quelli di mio padre li so a memoria perchè si ripeteva spesso: da ragazzo giocava in una squadra di football di serie B, la Lucchese, in compagnia di Benito Lorenzi detto Veleno e Bonimperti. Guadagnava bene e possedeva quattro abiti completi… e via che ci elencava i colori: panna, grigio, blu, a righe… “Basta, Moretti!”sbuffava mia mamma
Importantissimi i ricordi, ma se cominciassero a scivolare via ? “La nostra mente è come un giardino” pensa un personaggio di un altro libro che sto terminando ( mescolo e anticipo le mie letture e riflessioni!) ” che occorre coltivare”, soffermarsi con più attenzione sui nostri accadimenti, riconoscere le suggestioni dei sensi come sapori, profumi, suoni che ci possono traportare  se non proprio a nomi o luoghi precisi, alle emozioni passate. (ed ecco di nuovo Proust!)
I ricordi sono come un cibo che si mangia e che diventa parte di noi,  anche se dimentichiamo qualcosa. Insomma noi siamo impastati con il nostro passato individuale e familiare.
Forse avrete già capito di che cosa parlerà il libro di domani.
Che bello leggere i tuoi ricordi… Io sono fortunata perchè ho ancora una nonna che mi racconta del suo passato. Nonna Pasqualina è un fenomeno, ha 86 anni e una vita dura alle spalle. Ma le difficoltà della vita l’hanno temprata e fatta diventare una splendida dolce e saggia donna che spero viva al più lungo possibile… Il ricordo è qualcosa di prezioso ed inestimabile…Troppo spesso il passato viene accantonato anche dai miei alunni come ” noioso” , mi auguro arrivino a comprenderne appieno il valore
Penso che la presenza dei ricordi la percepiamo maggiormente quando il passato supera ormai il futuro. E’ vero anche che per tutta la vita siamo accompagnati dall’esperienza che ci proviene da ciò che ci accade, ma soprattutto da quello che abbiamo ascoltato durante l’infanzia, età che mitizza ogni avvenimento e quindi anche i racconti del mondo adulto.
Mi vengono in mente i racconti del nonno che viaggiava come cuoco sulle navi, vagamente un suo naufragio e la sua voglia di divertirsi e di condividere la sua fortuna, ma anche i ricordi dei miei genitori, nati e vissuti fra le due guerre, ricordi di privazione e di dolore, ma che adesso capisco quanto essi siano stati affrontati con dignità e come sia sopravvenuta la gratitudine dei sopravvissuti.
La memoria è un bene prezioso, parte inscindibile dell’esistere e i ricordi, intrecciati a quelli degli altri, divengono meravigliosi racconti, che ci fanno riconoscere la nostra storia.
Jesus~ Greater love hath no man than this that a man lay down his life for his friends.
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