RACCONTI LONDINESI, e l'osservazione spietata della vita
pubblicato da: admin - 15 Dicembre, 2010 @ 7:49 pmFu la prima insegnante di pianoforte di Stefania, la simpatica scozzese Jennifer, a farmi conoscere Doris Lessing.
“Ma come, una lettrice come te, non ha ancora letto la Lessing?” Sto parlando di tanti anni fa. Subito corsi in biblioteca. Trovai “Il diario di Jane Somers”. Rivelazione, innamoramento. Le tematiche affrontate, il modo crudo e realistico del racconto mi affascinarono. Il rapporto tra la ancora giovane Janna –  Jane - appena rimasta vedova e la dispotica, vecchia , brutta e solitaria  Maude è indimenticabile. Nessuna retorica, ma la consapevolezza delle nostre miserie umane, siano esse l’egoismo e la disattenzione verso gli altri, sia l’inevitabile decadimento fisico. Ci sono su Internet fiumi di recensioni e riassunti di questo romanzo. Ciò che mi colpì, a suo tempo, fu proprio lo sforzo che Jane si impone per aiutare Maude che  in certi momenti risulta quasi repellente,  e quanto sia difficile, tutto sommato, aiutare e farsi aiutare.
Proseguii con la letture dei romanzi della Lessing – ne ha scritti più di 50 – entrando nel mondo di un suo  altro personaggio che vive in Sudafrica, Martha Quest.
 E non poteva mancare il suo libro sui gatti. Doris Lessing ha convissuto con gatti, come sto facendo io con Mimilla.
 L’unico libro che posseggo invece è questo “Racconti londinesi“, comprato perchè pensavo alla “mia swinging London” di fine anni ’60. Infatti, ancor prima di leggerlo, ne regalai una copia alla mia “compagna di avventure”, Giuliana. Diversa atmosfera. Noi, spensierate ventenni alla pari, il cui solo compito era di accudire qualche bebè , di seguire un corso di lingua e poi andare alla ricerca dei Beatles, di amici, di gadget londinesi, di mostre, di tutto ciò che era il nostro vissuto letterario inglese. Eravamo delle osservatrici ilari, gioiose, per cui tutto sembrava bello: gli speakers  nell’Hyde Park corner, il teatro, gli incontri al British Council, le passeggiate fra i monumenti di una Londra che era, e per noi è tuttora, parte di un giovanile sogno mai ripudiato.
Doris Lessing osserva con acutezza di donna matura e   di scrittrice sensibile e attenta la Londra multiculturale degli anni ’80. Non c’è più una popolazione omogenea di puri British, però neppure quando c’eravamo noi, era così. Quanti amici indiani, cambogiani, pakistani, italiani, spagnoli incontrammo!
Qui la vita viene racchiusa in brevi mappe geografiche: un caffè, una stazione della metropolitana, qualche quartiere londinese, gli innumerevoli parchi dove passeggiare. Ci sono gestori greci, turchi, clienti tedeschi o  di altre culture.
Ma questo libro poteva benissimo avere un altro titolo.  (Infatti Giuliana rimase delusa: avrebbe voluto ripercorrere con la minigonna e le nostre fresche speranze Carnaby Street, Portobello…)
Ciò che qui viene raccontato è la vita dell’umanità : diverse etnie che si incontrano e si scontrano, diversi  comportamenti sociali , difficoltà di inserimento dei nuovi immigrati, sventure del sesso più debole: ragazzine che rimangono incinte, mogli abbbandonate, bambini vittime dell’egoismo dei genitori.
Diciotto racconti, alcuni intensi e drammatici, altri che scivolano attraverso lo sguardo dell’Osservatrice che scrive la quale so trova  sempre accanto ai personaggi che  incontra in un bar, nel parco, in metropolitana e dei quali  riesce a scoprire con scientifica perspicacia  l’evolversi delle loro situazioni.
Uno spiare empatico, attento per fare di questi avvenimenti un paradigma dell’esistenza umana. Titoli lapidari: “Passerotti”, “Leo”,”Il nuovo caffè” , “Tra le rose” “Temporali” tutti scenari o teatri di accadimenti che come frecce vanno dritti al cuore sconvolgendone le aspettative.
Acutissima Doris Lessing, che nel 2007 vinse il Nobel per la letteratura, ma che talvolta scuote il nostro”voler stare tranquilli”, non voler vedere tutte le scomode verità . Meglio far finta di nulla? Meglio “veleggiare” come facevamo noi ragazzine beat, un po’ incoscienti, fiduciose  e superficiali?
 Dice un personaggio del suo ultimo raccontino: “Persone civili”:
“Forse non è sempre un vantaggio essere tanto inesorabilmente perspicaci.”
*Che ne pensate?
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Non posso esimermi dall’aggiungere una nota della mia piccola vita di osservatrice.  Fumo la sigaretta post caffè affacciata alla finestra del mio condominio, stamattina, abbastanza presto mentre l’aria gelida mi ha convinto ad avvolgermi nello scialle rosso. Vedo il vedovo del terzo piano -ho già parlato di lui – e della sua abitudine di mettere  due grandi foto della moglie alla finestra, rivolte verso il cortile. Non riesco a togliere lo sguardo, lui non si accorge di me, tutto preso dal suo rito d’amore. Sul tavolinetto accanto al davanzale mette e rimette vari centrini, li accarezza e poi lentamente pone prima una foto, poi l’altra. La moglie ritratta in bianco e nero è una bella signora sorridente  dalla pettinatura cotonata. Poi  sistema davanti ad ogni foto un vasetto  di fiori finti. Controlla accuratamente. Sembra soddifatto.  So che uscirà . E’ un arzillo signore ben curato che spesso vedo entrare al Centro Anziani con  il suo borsello a tracolla e un’aria impenetrabilmente serena.
Cone la Lessing nei suoi “Racconti londinesi” non sono riuscita a staccarmi dall’empatia che provavo verso di lui. Mi sembrava di percepire ogni suo pensiero e la sua consolazione in questo dolce e triste rituale. Potevo staccarmi da ciò? Perchè? Il mio sguardo, il mio cuore gli inviavano affetto, comprensione, tenerezza.
Cara Mirna, mia coetanea quindi giovanissima, in quegli anni anch’io sono stato a Londra, ma come ero conformista! Facevo il barman in Kings Road, Ristorante Picasso, vicino al Tamigi che però non vidi mai a causa degli orari di lavoro (oltre tutto abitavo lontano, a Shepherd Busch). Mi concessi solo una visita all’Hyde Park ed una serata in un locale da ballo, interrato, psichedelico, nel quale arrivai con giacca, cravatta, impermeabile ed ombrello! Ma si può?
In compenso, da buon genovese, tornai a casa con più soldi di quando ero partito!
Questo è il mio sciatto e piatto “racconto londinese”. Per recuperare un po’ di quello che mi sono perso, andrò a cercare qualche libro dell’autrice citata.
Nel frattempo, venendo ai gatti, tu sai che anch’io ho il mio, Dorian, che saluta caramente la tua Mimilla …
Lo sguardo su un nostro simile, lo sguardo intenso, empatico, l’annullamento del sè per un attimo e per poter recepire interamente un’altra realtà , si può paragonare allo sguardo dell’autore, dello scrittore.
Davanti ad un foglio bianco, ripetutamente, giorno dopo giorno e cartella dopo cartella, l’autore – forse – deve liberarsi della zavorra del sè e raccogliere ricettivamente impressioni e sensazioni provate e catalogate durante la sua vita fino ad allora.
A volte penso a quante esperienze mi “perdo” quando sono troppo in “me,” è come se vedessi tutto attraverso una lente selettiva. Invidio gli scrittori e gli attori in questo: la capacità di elidersi – pur essendoci – per vivere “altro.”
I titoli dei racconti della Lessing mi suggeriscono questo, l’osservazione del dirimpettaio anche, il mondo pure.
Lo strano caso del vicino di casa che compie un rituale misterioso e inquietante, nel senso che sembra volerlo mostrare o, forse, condividere il suo rito, la sua preghiera, forse. Immaginario e reale convivono nelle nostre menti, ma quando escono dalle gabbie della nostra razionalità e irrompono sul palcoscenico del reale si verifica una fuoriuscita che forse, è difficile da riacchiappare. E qui mi viene in mente Le Horla di Maupassant.
e l’estrema fragilità della nostra esistenza quando restiamo troppo soli.
Lo penso anch’io , ora, quel tuo vicino di casa. Anch’io vivo tra i condomini e intravvedo le vite degli altri e mi sembra bello stare in un posto così. Niente somiglia alla vita delle persone: nessun panorama, nessuno. Ciao bella Mirna.