DEDALUS, Ritratto dell'artista da giovane

pubblicato da: admin - 11 Dicembre, 2010 @ 9:56 pm

Sì, il primo scrittore da riconoscere nel post di ieri era proprio James Joyce, morto nel 1941  a Zurigo dove la figlia Lucia era stata internata in una clinica per malattie mentali.

Esule per scelta, obbligato dalla sua ambivalenza verso L’Irlanda che ama e odia, verso la Chiesa bigotta che lo intriga  amleticamente, verso la famiglia che è necessaria ma che lo trattiene nel suo impeto verso la libertà interiore.

 Stephen Dedalus riproduce i tratti di Joyce stesso ed è facile riscontrare una corrispondenza precisa fra i dati biografici dell’autore ed episodi e personaggi del romanzo.

 Joyce, nato a Dublino nel 1882, studia presso due collegi gesuiti e di questa educazione cattolica porterà a lungo i segni che riconosciamo in questo romanzo iniziato  nel 1904 e rimaneggiato fino al 1916 anno della sua pubblicazione a New York. Anche nei nei primi episodi dell'”Ulisse” ritroviamo i suoi pensieri in termini di filosofia scolastica. Aristotele e Tomaso sono i suoi filosofi dai quali attinge per esporre la propria estetica.

Scrittore impegnativo, ma ricco, stimolante. So che Cinzia lo ama particolarmente.

 Se per leggere “Ulisse”, o meglio per leggerlo goccia a goccia ci ho messo quasi dieci anni, per leggere “Dedalus” ho impiegato pochissimo tempo. Qui si parla del tempo perduto, dei ricordi, della propria formazione, dei desideri, della vita in quanto materia d’arte per un novello artista.

Come Proust Joyce parte alla ricerca della sua “nascita” artistica, deve riesumare le fondamentali esperienze infantili e adolescenziali per raggiungere e capire la propria personalità.

Non è un sentimentale e il ripercorrere la strada dell’artista in nuce, quindi di se stesso, è di una sobria oggettività, ragion per cui tutto sembra più vero e accattivante.

E’ un viaggio per entrare nella vita, ma soprattutto per trovare gli strumenti – quindi i linguaggio e  le forme letterarie – per giungere all ‘Arte.

Alla fine del romanzo Dedalus sceglierà per sè quelle armi odisseiche che furono l’insegna di Joyce durante tutta la sua vita – esilio -astuzia.”

 All’inizio Dedalus ci appare saldamente ancorato alla famiglia e alle istiuzioni della terra natale, alle cui leggi egli si sottomette per tutto il periodo della crescita. Ma appena perviene alla scoperta che il proprio destino è quello di vivere al di fuori di tali leggi – ed è un’epifania che ispira a Joyce pagine magistrali, da brividi – egli deve apprendere a svincolarsi da esse, a vivere nella terribile  solitaria neutralità dell’artista.  Come il Dedalo del mito greco che deve fuggire dal labirinto costruito per Minosse fabbricandosi un paio d’ali , così anche Stephen Dedalus deve trovare una via d’uscita dal labirinto della vita dublinese e dalle sue imposizioni.

Si può leggere quasi come un romanzo di formazione tradizionale: dagli episodi nel  collegio, agli aspetti di vita nella nativa Dublino, dalle conversazioni intelletuali ai complessi monologhi interiori, ma certamente si capisce da squarci e  brecce enigmatici ed affascinanti che non siamo lontani dalla “grande caverna ” dell’Ulisse” e di “Finnegans Wake”.

Nulla si muoveva sulla sua anima, tranne una libidine fredda, crudele e senza amore. La sua infanzia era morta o perduta e, con essa, l’anima capace di semplici gioie, ed egli si lasciava trasportare attraverso la vita come il guscio sterile della luna.” questo pensa il giovanissimo Stephen ascoltando il padre e due suoi vecchi amici mentre bevono una pinta al pub.

E poi un giorno, passando davanti all’Ordine dei Gesuiti, in via Gardiner, Stephen si domanda vagamente quale sarebbe stata la sua finestra se fosse entrato nell’Ordine. ” Non avrebbe mai dondolato il turibolo in qualità di sacerdote…Il suo destino era di eludere ogni ordine sociale e religioso…Era destinato a farsi la propria saggezza  lontano dagli altri o a imparare la saggezza dagli altri vagabondando tra le insidie del mondo.”

Tra le ultime righe del libro, terminato a Trieste nel 1914, Joyce fa dire a Dedalus in procinto di andarsene: “Benvenuta, oh vita! Vado a incontrare per la milionesima volta la realtà dell’esperienza e a foggiare nella fucina della mia anima la coscienza increata  della mia razza.”

Ed infine si rivolge a Dio : “Vecchio genitore, vecchio artefice, fammi ora e sempre buona guardia.”

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4 commenti
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  1. GIOVANNA mi ha scritto personalmente. Ne sono contenta. Abita in Emilia ma è…genovese di nascita!!!
    Riccardo e Maria Teresa convincetela a scrivere i commenti sul blog!
    Incollo la sua domanda circa la poetessa ANTONIA POZZI.
    Certo che la conosco, ho scritto un post “In riva alla vita”. Cercatelo nell’archivio.
    E a proposito dell’amore per la poesia che GIOVANNA sente, stasera avrei pensato di spedire un post proprio di Riccardo sulla poesia inglese.
    Sappi cara Giovanna che anche in questo blog ci sono poeti: Riccardo stesso, Cristina ed io….quindi come vedi la POESIA ha un posto importante.
    SCRIVE GIOVANNA.
    ” Volevo chiederti se conosci Antonia Pozzi meravigliosa e misconosciuta
    poetessa morta suicida giovanissima.
    Nel caso te la consiglio vivamente.
    Spero con il bel tempo di andare a Pasturo dove è sepolta e dove c’è la sua
    casa trasformata in museo che però per visitare dvi contattare delle suore che
    stanno a Monza a cui la madre aveva fatto la donazione ma ti dico che la
    responsabile è una vera iena infatti l’ho piantata lì di cercare di andare
    tramite lei!!!!

    A presto allora..Giovanna”

  2. Mi sono appena accorta, mentre sto approvando i commenti nel mare dei terribili spam che mi arrivano, che GIOVANNA ha già scritto un commento al Classic Pursuit, il post di ieri.
    Lei si sente un girasole, bellissimo fiore, e senti senti Riccardo…oltre che essere nata a Genova, Giovanna, ha vissuto anche in Toscana.
    Ama la poesia come noi.
    Tante affinità elettive…

  3. Anch’io ho letto questo Joyce, rimasto nel mio registro l’unico libro di quest’autore per ora… e l’ho amato molto. Vi trovo grandi verita’ esistenziali e sono specialmente affezionata alle ultime tre citazioni del post di oggi. La solitudine e la creazione di “nuovi precedenti” esistenziali, tutto vero per me.
    Un giorno forse, l’Ulisse….!

  4. Giovanna … gnamo ..tira via .. o cche ci vole a scrivere un post sul blog, un mette miha fatiha.
    (Giovanna … andiamo … coraggio … cosa ci vuole a scrivere un post sul blog … non è mica faticoso).
    Oh te, il mi’ babbo gli era Santangiolese, di S. Angelo in Colle, “provincia” di Montalcino!
    Ocche tu ami la poesia? Eccotene una delle mia, sulla Toscana:
    Campagna toscana

    La luce accecante
    sprigiona profumo di terra
    da zolle rimosse ne’ campi.
    Le pietre a contorno son ricche
    di more spinose e di fichi:
    in siepi sinuose costeggiano il bianco tratturo
    che porta ad antico podere.
    Ascolti cicale.
    Sull’aia
    un popolo gaio rincorre il mangime.
    All’ombra d’un fitto pagliaio sonnecchiano cani.
    C’è acqua nel pozzo
    e lunga catena stridente vi cala una brocca di rame.
    Profumano i pani appena sfornati
    e ‘l fuoco rallegra la propria fascina.
    Un fiasco di vino sul desco richiuso con foglie seccate.
    Nell’aria le mosche.
    La stalla è vicina: giumente imponenti frantuman pannocchie,
    corone regali sovrastano candidi corpi giganti
    e gran carri stanchi riposan le ruote dal duro lavoro.
    Filari frequenti ed ulivi perforan la coltre del grano.
    Colori:
    la terra di Siena
    il giallo del sole
    il verde d’olivo.
    Prezioso convivio, colture scomparse,
    memorie scolpite per sempre da tratti d’amore.
    Riccardo Lucatti, S. Angelo in Colle, 1994