SALVATORE QUASIMODO – Tutte le poesie

pubblicato da: admin - 23 Gennaio, 2010 @ 6:29 pm

scansione0001In un gelido pomeriggio d’inverno ci si chiude in casa e si cerca l’abbraccio della poesia.

Da sempre la lettura e la scrittura di poesie mi hanno aiutato nel cammino che ho percorso e che percorrerò. Ecco la poesia: io la sento volteggiare ogni giorno intorno ai mei pensieri, quando osservo la natura, anche solo un algido cielo azzurro come quello di oggi, la ritrovo in un sorriso di una persona cara, in un brano musicale, in un ricordo improvviso e lontano. La poesia riesce a farmi ritagliare nella corsa quotidiana finestrelle di possibilità e mi dona il piacere della contemplazione, della scoperta e della libertà.

La poesia è il linguaggio per eccellenza, ci trasporta in alto, se ci abbandoniamo ad essa.  Scriveva Emily Dickinson “Se faccio una classifica prima metto il poeta, poi il sole, poi l’estate.”

Oggi quindi ho cercato nel mio scaffale questo vecchio volumetto di Quasimodo che per molti anni avevo tenuto sul tavolino, vicino al letto, e che sfogliavo ogni sera in cerca della musicalità delle sue parole.

Che piacere ritrovare i versi  che tanto mi erano piaciuti  e che gioia rileggerli  oggi ad alta voce!  Dedico ai lettori del mio blog:

 

Antico inverno

  

 

Desiderio delle tue mani chiare

nella penombra della fiamma:

sapevano di rovere e di rose;

di morte. Antico inverno.

Cercavano il miglio gli uccelli

ed  erano subito di neve;

così le parole.

Un po’ di sole, una raggera d’angelo,

e poi la nebbia; e gli alberi,

e noi fatti d’aria al mattino.


 

con il consiglio di provare a leggerli anche voi. Molto lentamente.

Salvatore Quasimodo è nato a Siracusa nel 1901, ha vinto il Nobel e ha scritto molte celebri raccolte poetiche  in cui si  ritrovano i miti dell’infanzia e della nostalgia della sua Sicilia .

Proprio ai miei amici siciliani e a quelli che sentono la Sicilia nel cuore, e a quelli che in questo lungo inverno pensano al mare, al sole e al profumo di fiori ricopio:

 

 

Ride la gazza, nera sugli aranci

 

Forse è un segno vero della vita:

intorno a me fanciulli con leggeri

moti del capo danzano in un gioco

di cadenze e di voci lungo il prato

della chiesa. Pietà della sera, ombre

riaccese sopra l’erba così verde,

bellissime nel fuoco della luna!

Memoria vi concede breve sonno;

ora, destatevi. Ecco, scroscia il pozzo

per la prima marea. Questa è l’ora:

non più mia, arsi, remoti simulacri.

E tu vento del sud forte di zàgare,

spingi la luna dove nudi dormono

fanciulli, forza il puledro sui campi

umidi d’orme di cavalle, apri

il mare, alza le nuvole dagli alberi:

già l’airone s’avanza verso l’acqua

e fiuta lento il fango tra le spine,

ride la gazza, nera sugli aranci.

 

E’ obbligatorio per i miei ex-alunni, amici giovani e amici coetanei recitarla: sentirete una gioia come se beveste un dolce liquore. Centellinate ogni parola, mi raccomando!

Chi ha seguito il mio consiglio?

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6 commenti
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  1. Grazie Mirna per le tue parole di sole in queste fredde e chiare giornate nel cuore del Nord. Forse se ci fosse più poesia ci sarebbe meno dolore, più compassione…chissà…Resto dell’idea che:

    “Ognuno sta solo sul cuor della terra
    trafitto da un raggio di sole:
    ed è subito sera”

  2. Bellissime entrambe le poesie. Ho sempre apprezzato profondamente Quasimodo, ma queste due richiamano alle mente subito, a mio avviso, le immagini che le parole fanno letteralmente apparire nella mente del lettore (indimenticabile il tema di terza media: analisi di “Uomo del mio tempo”). Soprattutto la seconda poesia mi fa di nuovo assaporare quel non so che di nostalgico che caratterizzava i paesucoli di un tempo, ma allo stesso tempo, lascia meno amare queste lugubri giornate di inverno. Scelta più azzeccata non poteva esserci!

  3. Diceva Wystan Hugh Auden, il grande poeta inglese, che la poesia va “letta”, “eseguita”.
    Poesia e’ “performance” dunque perche’ fatta non solo di concetti ma anche e -forse – soprattutto di sensazioni. E quale miglior sensazione della parola e del ritmo che sgorgano con i loro attriti dalla nostra bocca e che attraverso il nervo acustico ritornano al nostro cervello dopo essere vissuti, per un attimo, nel mondo sensoriale?
    E’ vero, la poesia bisogna leggerla “ad alta voce” e gustarne il “suono”, il concetto ne seguira’ arricchito. Ah, ho eseguito il compito, naturalmente!

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