LA FUGA DELL'AMORE, una geografia del sentimento
pubblicato da: admin - 4 Dicembre, 2010 @ 7:57 pmEd ecco César Antonio Molina, nato a La Coruna nel 1952, direttore dell’Istituto Cervantes e del Circolo delle Belle Arti di Madrid, per due anni ministro della Cultura, saggista, romanziere e grande poeta che ci offre una personalissima mappa dell’Amore. Immagini, ricordi di incontri fugaci e relazioni amorose platoniche con tante donne da lui incontrate nei suoi viaggi. Egli stesso si definisce un “pellegrino del desiderio”e in queste sue pagine può con la serenità del distacco, rivivere a tutto tondo il suo “viaggio”nella terra dell’Amore.
Venti quadri per tratteggiare donne diversissime l’una dall’altra, ma capaci di accendere dello stesso fuoco l’animo del protagonista.
E’ interessante leggere di luoghi lontani, di descrizioni artistiche, di riflessioni culturali e di squarci di tante altre vite. Ogni nuovo incontro evoca  in Molina versi di poeti, egli stesso ne scrive, affiorano analogie lontane, domande esistenziali.
Andiamo in Bolivia, in Cile, in Argentina e in Italia e ancora in Francia e  a Corfù,  e nel raccontarci ogni suo viaggio o lungo soggiorno, Molina riesce a catturarci completamente estendendo a raggiera il suo approccio con la vita.
Incontra Maud in cerca di documentazione relativa alla pittura angelica barocca per la tesi. Si trovano entrambi a Cuzco e i giorni trascorsi insieme sono intrecciati agli sfondi dorati della pittura del luogo. Condivisione estetica, culturale, piacere dello stare insieme e scoprire insieme  il Machu Picchu. Â
 Ci parla poi di  Lola, una ragazza che lo accudisce da piccolo quando i  genitori sono lontani.  Molina e la sorella si trovano Caldebarcos, in una casa di pietra con galllerie pensili che davano sulla strada e sulla spiaggia. Lola, giovane, bella rossa e determinata  si è appena sposata con Estratis, un marinaio greco che presto se ne andrà per sempre. Lola abbandonata, si sente vedova, e i suoi protetti cercano di consolarla. “Per questo il monte Pindo e le colline di Muros divennero le nostre mete abituali…Ci avventurammo su per la montagna attraverso quelle rupi. Ho sempre pensato che questo paesaggio non sia poi così diverso da quello del Purgatorio descritto da Dante nella Divina Commedia.”
 Molina va a Perugia per seguire l’amica Queta che segue un corso di etruscologia. Ma lei è impegnata e lui passa le giornate ad ammirare l’arco etrusco o se ne sta adagiato sugli scalini della cattedrale, dinanzi alla Fontana Maggiore. Una sera va a vedere “Amarcord” da solo, perchè Queta nel frattempo si è innamorata di un altro…E’ complicato questo rapporto ed alla fine Molina si ritrova a Irùn e  per consolarsi rilegge tutto il Sentimento del tempo di Ungaretti.
Per chi è goloso di vita, di emozioni, di nuovi incontri le occasioni ci sono. Occorre guardare con attenzione intorno a noi. E viaggiare.Â
 In quei giorni sarei andato ovunque. Non avevo niente da fare e niente a cui pensare. Mi succedeva come a Massimiliano d’Asburgo “Vivo, e non so quanto/ muoio, e non so quanto/ vado, e non so dove/ mi meraviglio di essere così felice.”
Città , ancora città . Ogni città un ricordo d’Amore.
Pagine interessantissime sia per i viaggi esterni che per quello interiore. Mi piace il suo “collezionare” persone care, persone che gli hanno svelato qualcosa d’altro, che gli hanno aperto sguardi più ampi e gli hanno dato risposte a mille interrogativi.
Provo anch’io a ripensare agli incontri con ragazzi, uomini che mi hanno “accompagnato” o affascinato per alcuni tratti della vita. Ci metto un po’ di tempo.
Intanto provate a pensarci anche voi.
Senz’altro il caro amico Vincenzo, vicino di casa, primo amore, ma non solo. Compagno di chiacchierate vicino al muretto che divideva i nostri cortili, appassionato come me delle figurine degli animali. L’introvabile opossum fu una gioia grandissima quando uno di noi riuscì ad averlo.
E poi Titta che mi fece ridere e scoprire come ci si poteva divertire anche  soltanto parlando .
Se volessi troverei anch’io una “mappa” – se non proprio e sempre dell’Amore –  , delle consonanze di simpatia e stima verso gli uomini.
 A Londra l’amico Mauro, romano, voleva proteggere me e le amiche dai Turchi “Attente a li Turchi” ci ammoniva…soprattutto perchè io mi ero interessata a un ragazzo di Istanbul, un certo Sel, che si dava molte aria da intellettuale, e parlava di teatro guardando per aria e fumando…
In Germania Bernhard,  il doce ragazzo di Hannover, non sapeva nè inglese, nè italiano ed io non ancora il tedesco… Ma in un Fashing party eravamo bellissimi: io vestita da zingara e lui da Robin Hood.
E sulle navi… beh, è meglio che mi fermi!
E’ molto difficile ripensare agli uomini (o alle donne) interessanti o mostrusi, della nostra vita senza “una cosa”, un oggetto, un suono, un profumo, un biscotto, un colore…Le cose per tenere in vita la memoria o l’anima, definita recentemente un immenso accumulo di memorie (come quelle dei computer, dei vari i-pad). Per tenere in vita l’anima, ricordare eventi lontani e persone e fatti e sentimenti, ocorre una chiave, la cosa magica, la cosa che scatena la capacita della mente di far rinascere, belli o terribili, i ricordi.Mi riallaccio al post, bellissimo , di Mirna su Borges e alle osservazioni di Stefania e Raffaella. Quanto al post di oggi, cara la mia Mirna avventurosa e viaggiatrice, è difficile senza la chiave fare un elenco di uomini. Ma, proprio ieri, sgranocchiavo una caramellina, le pastiglie Leone, offerta da un’amica, una caramellina color violetta e dal forte aroma e sapore (?) di violetta ed è successo qualcosa che non sapevo di avere vissuto. Quel sapore di violetta , un uomo – forse il più bello che io abbia mai conosciuto, un incontro dentro un’auto, sotto un fortissimo temporale estivo. Ci si fermò, al riparo, chiusi dentro, i vetri appannatissimi e il suono delle nostre risate e poi, senza neppure rendermene conto, assaggiai dentro un bacio (inattesa attrazione irresistibile) il sapore di una pastiglia Leone alla violetta. Io questa cosa e quel giovane Apollo, non li avrei mai ricordati senza la caramella. Non è una questione di Ikea, è il segreto delle nostre anime che passa attraverso le cose.Ciao ciao
Immagino Camilla e il suo Apollo racchiusi in un profumo alla violetta, come Angelica e il suo amante. Profumi e sapori evocativi che ci riconducono sempre a Proust.
Ma io non posso essere d’accordo completamente che gli oggetti debbano essere sempre il tramite per raggiungere i recessi nascosti dei ricordi e delle sensazioni. A meno che non si voglia chiamare oggetti una frase musicale, una certa luce che taglia improvvisa il mio incedere o i miei momenti di lettura e riflessioni, un’espressione particolare di un volto o di una figuretta vista da lontano, il lavorìo instancabile dei miei pensieri.
“Sento schricchiolarti le meningi” mi diceva Piero accarezzandomi la fronte ” Rilassati un po’
I ricordi miei sono selvaggi e indomiti: non hanno bisogno di nulla per riapparire belli, tristi, forti, struggenti al mio cuore. Insomma quale potrebbe essere la chiave richiesta da Camilla per far defluire i ricordi della sua mappa dell’Amore o delle Consonanze?
Io non ne ho bisogno purtroppo (preferirei essere più cauta per non esserne “violentata” ) La mia porta è sempre aperta e “tutto” spesso mi arriva come una valanga, a volte ne sono travolta, a volte ne sono grata.
Una canna al vento?
Anche le sensitive “funzionano” cosi’… e spesso non possono difendersi. Io mi sento piu’ come Camilla anche se – come ammette anche lei – la chiave d’accesso al ricordo puo’ essere un colore, un profumo o un suono. A proposito… pensavo al titolo… e mi ha intrigato rimuginare sul suo significato. Si’ la “Fuga dell’amore” in senso topografico, l’autore che “rincorre” il sentimento per il mondo, ma ci starebbe bene anche “Fuga” nel senso di forma musicale dove tutte le donne della sua vita – e lui stesso – sono le voci, la polifonia di una grande struttura armonica, una topografia questa volta musicale in cui le voci (o “soggetti” per l’appunto) rispondono a determinate leggi e reagiscono l’un l’altro. Beh, mi piaceva l’idea…
Sì, sì è come dite voi. Gli oggetti certo ma anche “le cose”. Le cose si dice per tutto, sensazioni del corpo e della mente, scricchiolii della mente, le musiche, dalla ninna nanna, alle filastrocche dell’infanzia ( aneghe-taneghe-spinza luganeghe- spinza borei….) un parquet che si lamenta ad ogni passo, sogni, proprio sogni sognati e dimenticati che saltano su, per caso e danno libero sfogo a ricordi.Ah, Mirna, i tuoi ricordi selvaggi e indomiti, che meraviglia. Raccontane qualcuno. Come , si dice, si faceva una volta, forse solo tra donne, qualcuna raccontava storie selvagge e indomite. Vere, nel senso di vere per la nostra memoria, con tutti i suoi percorsi e aggiustamenti e slittamenti di tempi e che , così viene raccontata. Più amara o molto più dolce, più crudele o più ineffabile , la storia del ricordo è quella che vogliamo raccontare. Comunque cara Mirna potresti farlcelo questo regalo .Selvaggio e indomito.