E LA CHIAMARONO DUE CUORI, una straordinaria avventura
pubblicato da: admin - 13 Febbraio, 2010 @ 8:16 pm
Finalmente il debutto come una gemella … Kessler…è storia felice di ieri sera. Sincronia a parte, Maria Teresa ed io siamo state convincenti ed abbiamo ottenuto un gran “successo” di pubblico. Cristina, la padrona di casa che organizza queste bellissime serate, invece era “Figaro” e ci ha deliziato con la celeberrima aria di Rossini. Altre signore - era una riunione di sole donne, il cosiddetto club delle Penelopi - hanno raccontato storielle divertenti, hanno cantato e ballato. Insomma ci siamo divertite tutte quante e tutte siamo state brave. Non era una gara, non c’era competizione. Stupendo.
Allora mi è venuto in mente ciò ch Marlo Morgan racconta nel suo libro “E la chiamarono due cuori”, stampato nel 1990.
La Morgan una biochimica statunitense, durante un viaggio in Australia, si trovò coinvolta da una tribù di aborigeni ad affrontare insieme un lungo viaggio a piedi nudi per raggiungere un luogo sacro.
Nel libro ci spiega naturalmente la motivazione per cui accettò questa memorabile e incredibile avventura. C’era solo un uomo che parlava un po’ di inglese e che poteva spiegarle tutto ciò che avveniva. Fu una  rinuncia momentanea alla civilizzazione per una sua necessità di purificazione interiore.
Immaginate dunque un lungo viaggio attraverso una terra arida ed inospitale, ma che offre, a chi la conosce e rispetta, lo stretto necessario per vivere. Ci si può nutrire di grassi bachi, trovare con sicurezza un po’ d’acqua nel sottosuolo, farsi pulire, rimanendo in piedi e immobili, da sciami di mosche.
” Che schifo” esclamavano le mie alunne alle quali consigliavo di portare questo libro  all’esame di terza media come approfondimento di geografia antropica.
Gli aborigineni (“ab origine”) sono gli abitanti autoctoni dell’Australia dove giunsero 60.000 anni fa. Cacciatori raccoglitori hanno tramandato oralmente la loro cultura, soprattutto la venerazione per la terra. Erano circa 300.000 all’inizio dell’immigrazione europea. Oggi se ne contano poche migliaia, costretti a vivere in riserve o in aree isolate dell’interno.
In questi ultimi superstiti, ci racconta Marlo Morgan, rimane, oltre la capacità di integrarsi perfettamente con la natura, un atteggiamento quasi soprannaturale che sembra farli vivere sia nell’epoca della creazione che nell’attuale realtà , in una sorta di  sognante continuum. Essa ha potuto anche conoscere i segreti della tribù e scoprire  che fra i suoi componenti esiste ancora la telepatia. Bellissimi gli episodi in cui questa capacità , che tutti noi avevamo ai primordi della nostra storia umana, viene esercitata.
Ma ciò che mi ha portato a citare questo libro è stato l’episodio in cui la narratrice accetta di giocare con la tribù e suggerisce di fare una gara.
Incredibile:nessuno sa che cosa significhi, gara, competizione!
Giocare e divertirsi per loro  significa che… tutti devono essere contenti, senza vincitori o vinti.
Per tornare a ieri sera e alla nostra festa di carnevale, sottolineo che ci siamo divertite tutte… senza una prima, nè un’ultima. E’ così rilassante e piacevole quando accade!
E visto che nonostante le mie ricerche negli scaffali non trovo più il mio libro (lo avrò lasciato a qualche alunna) …metto accanto alla piccola foto della copertina…”le gemelle Kessler.”
Siete bellissime! Pensavo di mandarti una mail per chiederti come era andata perchè facevi tanto la misteriosa sul blog su questa cosa del carnevale e io mi ero incuriosita 🙂
Iniziativa stupenda! Il libro di cui parli non l’ho mai letto ma più di una persona me ne ha parlato, non ultima la mia dolce collega di religione Monica qualche tempo fa e io a questo punto devo proprio leggerlo!
Baci
Le Penelopi sul tuo blog! Sono commossa, grazie Mirna, sei speciale!! Come è stato bello tutte insieme… affetto, allegria, gioia e spensieratezza ci hanno trasportate in una dimensione magica. Tutte siamo state protagoniste, in una serata ancora una volta meravigliosa. Le Penelokessler così raffinate, la canzone della mala della mia mamma, il trio NY NY con una Liza scatenata e ancora i racconti ci hanno dato una serenità immensa. Ne abbiamo tanto bisogno! E ancora serenità e gioia ci daranno le serate future e questi saranno i ricordi e le preziosità che porteremo sempre dentro di noi.
unbelievable !
Mirna sei semplicemnete grande, spero di riuscire ad imparare ed emulare almeno un poco del tuo spirito, della tua incredibile voglia di vivere e della tua capaictà di trasmetterla, grazie
Chissà se ho fatto giusto…sai bene che è la prima volta. Del resto devo pur cominciare a cimentarmi con questo straniero. Non sono ottimista, comunque mi dirai tu cosa va bene e cosa no.
Grazie del bel resoconto della tua festa di carnevale, quanta allegria! Mi fa molto piacere per voi, io sinceramente non so se sarei riuscita a calarmi in tanta euforia ( forse è da troppo tempo che non mi capita e non lo cerco). Bello il tuo commento sull’atmosfera complessiva della festa, sul fatto che vi siete divertite tutte, senza prime donne che si impongono su altre timide e taciturne. E fantastica la regola aborigena che tutti debbano divertirsi, senza vincitori!
Forse solo le donne, e non tutte, potranno ancora mantenere in vita, almeno in certe circostanze, quell’attenta premura verso chi non chiede e non osa, affinché tutti abbiano un necessario benessere.
Bene, vado ai miei compiti di inglese… Se ho superato la prova blog, cercherò di trovare più tempo da dedicare allo straniero. Temo che ce ne voglia parecchio!
Complimenti per il debutto e spero che ci sia stato anche un talent scout che possa aprire per te e per le tue amiche la strada per Brodway! Dalla foto si capisce che vi siete divertite e che abbiate trascorso una serata all’insegna del più sano divertimento, come gli aborigeni di Marlo Morgan, di cui ho letto ed apprezzato il libro e recepito il messaggio.
Mi sono così venuti alla mente altri due libri sull’Australia.
Uno di Bruce Chatwin: “Le vie dei canti” (The Songlines, 1987), che è contemporaneamente un romanzo, un saggio, e un diario di viaggio. Il libro racconta delle indagini svolte da Chatwin sulla tradizione aborigena dei canti rituali, tramandati di generazione in generazione come conoscenza iniziatica e segreta. Il libro sviluppa la tesi secondo cui i canti aborigeni sono contemporaneamente rappresentazione di miti della creazione (narrazione degli eventi dell’epoca ancestrale del “dreamtime”, da cui tutto discende) e mappe del territorio. Il titolo si riferisce alle migliaia di linee immaginarie (appunto le “vie dei canti”) che, secondo le conclusioni di Chatwin, attraversano l’intero continente; ogni canto tradizionale sarebbe la rappresentazione musicale delle caratteristiche geografico-topografiche di un tratto di una di queste vie. A partire dall’analisi del concetto di “via dei canti” aborigena Chatwin arriva a trattare anche i temi ricorrenti della sua opera, in particolare la tesi del nomadismo come condizione originaria dell’umanità , ma anche teorie antropologiche sull’origine della società , delle armi e della violenza.
L’altro di Joan Lindsay “Picnic a Hanging Rock” (1967). E’ un romanzo dove si narra una vicenda avvenuta il 14 febbraio 1900, giorno di San Valentino, quando un gruppo di ragazze dell’aristocratico e vittoriano collegio Appleyard, a una cinquantina di chilometri da Melbourne in Australia, compiono una gita picnic ai piedi dell’immenso gruppo roccioso della Hanging Rock. La gita termina in tragedia quando tre ragazze ed un’insegnante scompaiono nel nulla. Solo una ragazza del gruppo torna indietro in stato di shock, incapace di dare spiegazioni e priva di memoria sull’accaduto. La polizia compie intense ricerche sulla roccia senza trovare alcun indizio delle scomparse, senza alcun risultato. Da questo libro è stato tratto nel 1975 anche un film, che rende perfettamente le misteriose atmosfere tanto quanto il libro e tanto più gli spettacolari e a volte minacciosi paesaggi.