IL CAPPOTTO, o "un sorriso fra le lagrime"
pubblicato da: admin - 14 Novembre, 2010 @ 8:25 pmCome non pensare a questa straordinaria novella di Nikolay Gogol in questi giorni in cui incontro tante persone russe e non, con e senza cappotto?
G. una paffuta e bionda signora armena cinquantottenne  arriva spesso in classe con una valigia. Non oso chiederle come mai, ma le chiedo se ha dormito bene. E lei invariabilmente risponde “Quattro ore perchè ho troppe preoccupazioni”. Ma sorride e mi parla dei suoi desideri: vorrebbe una collana d’oro e riuscire a tornare dai suoi figli a Yerevan. Scherza molto Con Y. e con  il signor S., uno moscovita, l’altro georgiano, che riescono nonostante le difficoltà a ridere e a far ridere. Il signor S. è minuto,  ha un giacchino di finto montone e un berretto sulla testa semicalva. Ha una voce bassa e gradevole, parla con amore della moglie ed è l’unico che non ha voluto “accettare” un caffè offerto da me. E’ lui che me l’ha offerto.
E po c’è A. che ha solo una giacchina di cotone bianco. Lui è somalo. “Hai freddo?” Gli ho chiesto l’altro giorno. “Un po’, ma questa giacca è così bella!”. E’ semianalfabeta ma ha una grandissima voglia di imparare l’italiano. E’ educatissimo e dolcissimo.
Chissà se possiede un cappotto per combattere il nostro inverno. O come Akà kii Akà kievic patirà il freddo.
“Il cappotto” esce nel 1842, sulle prime passa inosservato, ma poco tempo dopo, mentre il suo autore “stava levando il tragico stormo delle anime morte”, viene amato con rispetto filiale. Ogni vero scrittore russo vi si riconosce, vi ritrova qualcosa di atavico. “Noi siamo tutti usciti dal cappotto di Gogol” dirà Dostoièvskij.
Che cosa ci racconta questa operetta? La vita di un un modesto impiegatuccio che già dal nome sembra un soccombente, un ingenuo, un semplice : Akà kii Akà kievic. L’etimologia può essere ricondotta al greco a-kakos, innocente, ignaro del male. Lavora nel “dicastero di…” a San Pietroburgo. La mansione destinatagli è ricopiare. Sempre. Un “invariabile impiegato che ricopiava; tanto da radicarsi in seguito l’opinione ch’egli fosse venuto al mondo matematicamente già bell’e pronto, così, con la bassa uniforme e la sua giusta calvizie in testa.”
Ma non è il passivo Bartleby che non ha possibilità di salvezza. Al contrario Akà kii Akà kievic trova nel ricopiare la sua ragione di vita. Egli si esprime in tutto ciò che fa: il suo lavoro è umile, anonimo, ma ardente come l’amore originario. “Attende al suo lavoro di volta in volta come un vegetale tende alla luce per rigenerarsi.” spiega Clemente Rebora  nella postfazione di questo libretto.
Si rifugia tra le sue righe ricopiate. Cerca un angolino caldo in cui stare tranquillo. Non si concede nessuna distrazione. Ma nulla può contro l’ennesimo inverno incipiente. “C’è a Pietroburgo un aspro nemico di tutti coloro che riscuotono suppergiù quattrocento rubli l’anno: alludo al nostro gelo nordico…”
Dopo l’impossibilità ormai di rammendare il vecchio e liso cappotto Akaà kii Akà kievic si permette il lusso di “innamorarsi” dell’idea di farsene uno nuovo, caldo e comodo. L’attesa, pur piena di ulteriori sacrifici, lo riempie di gioia. Si sente meno solo. Vive con rinnovata energia la sua vita che agli occhi degli altri appare umile e meschina.
Farsi un cappotto, spiega Rebora, assume ai suoi occhi l’importanza di un fatto spirituale supremo, gli fornisce un nuovo mezzo per farsi valere.
E’ un progetto che per lui diventa quasi la riprova e  il coronamento della propria vita.
Quando infine avrà materialmente la calda presenza del cappotto ecco che lo stesso comincerà a perdere di valore. “Una cosa ottenuta è una cosa perduta”. Gli sembra di aver esaurito il suo compito, si sente più indifeso e presto cadrà nelle mani di coloro che gli ruberanno il cappotto. Protesta presso l’alto funzionario, ma viene deriso e umiliato. Si ammala e muore. Akakii Akakievic è uno strumento impersonale sfruttato dall’ordigno sociale che dall’alto lo tratta con brutalità . Â
Ma Gogol non si sbarazza del suo personaggio. Il suo esempio di bontà dovrà essere d’esempio, perciò ci fa assistere agli effetti morali e soprannaturali della sua anima. “Chi ha saputo ospitare la luce non va perduto nelle tenebre”.
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Il realismo di Gogol sfuma nel grottesco, nel surreale e nel fantastico e non posso fare a meno di pensare che Paolo Villaggio, autore della fortunata epopea di “Fantozziâ€, prototipo dell’impiegato scialbo e sfortunato, è stato ed è un assiduo lettore di Gogol.
Akakij Akakievic continua a vivere dentro e attorno a noi.
Penso infatti a come un cappotto nuovo o tutto ciò che dia la possibilità di rendere più sicuri in un’esistenza inautentica e povera provochi destabilizzazione nel momento in cui se ne accusi la perdita.
Gogol riscatta le miserie del protagonista e la sua morte infelice facendone un allegro fantasma che si diverte a rubare cappotti a chi non ne ha bisogno e si placherà solo quando riuscirà ad intimidire finalmente un presuntuoso, che gli aveva negato giustizia per il cappotto perduto.
Penso allora agli studenti di Mirna così sicuri anche senza cappotto, vestiti soprattutto dalla loro voglia di imparare e dalla speranza di potersi liberare da un’esistenza che si presenta loro inautentica e povera.
Gogol è una pietra miliare della grande letteratura e da quella pietra si sono svincolate mille sentieri di avventura ltteraria dell’umanità . La Mirna (proprio la Mirna con l’articolo) è una meraviglia continua e , per me, un cappotto raggiunto, interiorizzato, solo la demenza me lo potrebbe portare via quel caldo cappotto. Lei è lieve e gentile ma forte e sicura: come guarda il mondo , la sua curiosità viva come quella di una bambina e la sua armonia grondante di esperienze…..insomma , forse, solo attraverso le parole sui libri e sulla vita, parole scritte intendo, ho avuta la fortuna di conoscere una persona come lei. E questo quanto mi piace!
Cara Mirna, ti ricordi , per caso il minigogol che fu Luigi Arnaldo Vassallo, detto Gandolin, celebre giornalista e scrittore e disegnatore dell’epoca dell’unità d’Italia? (Si è parlato di lui in questi giorni relativamente, appunto, alle grandi mostre di pittura risorgimentalein atto in occasione delle celebrazioni dell’unità d’Italia): Questo miniminigogol scrisse un piccolo capolavoro che si chiama “La famiglia de Tappeti”, i protagonisti sono Policarpo, ufficiale di scrittura (una specie di Akakievic), il figlio Agenore eccetera. Questo libriccino della “giovane italia” s.v.s.d., è una vera delizia e, moltissimo anni fa’ ne fu fatto un film conRenato Rascel (che fece anche il cappotto). Rimembranze:scusatemi le ciaccole.ciao ciao
Grazie, cara Camilla, delle gentili parole rivoltemi e che rivelano una parte di me non sempre riconosciuta dalla frettolosità degli sguardi. Spero non sarai altrettanto radiografica circa i miei difetti…ma sono certa che pur avendoli intuiti, da amica cara, non ne farai cenno!!!
Ricordo perfettamente Rascel nella parte sia di Akakevic che di Policarpo ( eccezionale interprete), ma temo di non aver mai letto “La famiglia dei tappeti”.
Da aggiungere alla lista- lettura per il futuro.
Volevo aggiungere che l’incontro Camilla – Riccardo è stato simpaticissimo, effervescente e stimolante, sia per il carattere vivace di entrambi, sia per i nuovi suggerimenti di sorprendenti letture. Affinità importanti le loro …
Sotto il sole scialbo novembrino entrambi parlavano e facevano rimbalzare argomenti di storia, politica, sociologia…mentre Maria Teresa ed io , come in un sub plot, parlavamo con meno impegno del più e del meno.
Con questo post sono giunta al 300°.
La sfida, grazie agli amici, sta per essere vinta.
Stasera un post di Riccardo.
Domani uno di Camilla.
Mi piacerebbe risentire le care Cinzia, Miki, Raffaella ecc.
Luigi mi ha scritto e ha assicurato, nonostante la sua iscrizione all’università (Archivistica) di farsi vivo presto.
Buona settimana tutti
Evviva, siamo, sei a quota 300! Ho usato la prima persona plurale perchè , nonostante il mio contributo sia stato modestissimo ( ma arriverà quello su Affinati, spero presto, purtroppo la scuola mi sta assorbendo e un nuovo incarico come responsabile dei nuovi Piani di studio Provinciali del mio istituto non facilita le cose…) il blog lo sento anche un pò mio,un pò nostro. Grazie Mirna… per me è un regalo ogni giorno aprire la pagina del blog, davvero… Ricordati però di non lasciarci orfani dopo i 365 ! Un saluto a tutti
p.s proprio l’altro giorno pensavo a Luigi che sembrava averci abbandonato!
Questo post mi ha steso a terra per il calore e la dolcezza…. Mirna e i suoi ospiti “bloggers” siete fantastici! Mi riempite il cuore e la mente di pensieri paralleli e divergenti che mi rimandano ad assonanze e dissonanze senza tempo, per cui gioisco e piango.
E’ ammirevole la tenerazza e profondità d’intesa che hai Mirna verso i tuoi alunni “grandi”, una lezione d’amore per noi.
E’ un periodo un pò tosto, ma vi leggo e seguo da lontano,
un abbraccio a tutti,
Miki