DALLA PARTE DI SWANN, e nostalgia del suo Tempo

pubblicato da: admin - 17 Settembre, 2010 @ 3:41 pm

cat,sp,colombia[1]scansione0009Quando piove sembra che il tempo si fermi. Passato e presente riuniti in un continuum. Non posso fare a meno di scrivere tutto ciò che la vita mi regala, mi sollecita, mi intriga. Come diceva Charlotte Bronte una giornata senza aver messo qualcosa di nero sul bianco di una pagina è una giornata persa.  Un vortice di impressioni, vibrazioni, piacevolezze, “intermittenze”, spingono i grafomani a esternare per iscritto il proprio vissuto per capire meglio e ampliare il proprio tempo. Schnitzler aggiungeva, forse, per un senso di solitudine. Parlare di noi, ma  anche degli altri, questi nostri vicini di viaggio che si  devono “leggere”come libri, con attenzione, interesse, empatia.  Prima di affondare nuovamente in  Proust è doveroso parlare dei commenti dei visitatori che ieri sono stati prodighi di sè. L’interesse per gli altri, non è curiosità, è un togliersi dall’autoreferenzialità, è un arricchimento prezioso, un aiuto reciproco.

 Piacevole dunque conoscere parti del passato di Cristina, ricordare  familiari intenti o no alla lettura, insomma condividere pezzi della nostra vita.

Che dire ancora di Proust? Per me è una necessità ricorrente. La sua Recherche, romanzo di memoria,  di filosofia, una ricerca della verità propria e degli altri, della forza costruttiva dell’arte è impastata con il mio essere Lettrice. Non solo l’analitico contenuto sul Tempo, su una società, sugli impulsi  positivi e negativi di noi essere umani, ma maestoso arazzo geometrico e musicale.

Leggere Proust  per me è ascoltare musica: bisogna essere un po’ preparati però  per addentrarsi nel vortice sinuoso dei suoi periodi che si attorcigliano, scendono e risalgono con fluidità fino a un punto che sembra un vicolo cieco , ma soltanto per accorgersi che invece  sono pronti per deflagrare con improvvisa fluidità nel compiuto. E con la placidità di un lago congiunzioni, parentesi, pronomi relativi si rincorrono, e sembrano vivi e formano in questa geometria grammaticale  un’intera società, un mondo intero, una sinfonia indimenticabile.

Torniamo a Combray, noi tutti, suoi amanti, riassaggiamo nei nostri pomeriggi piovosi e forse aridi per fraintendimenti, delusioni, la piccola madeleine intinta nel tè. E subito la consolazione del conosciuto, dell’intrecciarsi delle nostre  fasce nervose del cuore e dei sensi all’essenza stessa della nostra anima spiegataci mirabilmente da Marcel.

Ma come Marcel, solitario nel suoi ultimi anni nella stanza rivestita di sughero, dobbiamo toglierci le maschere per vederci veramente chi siamo, senza la impalcature superficiali che talvolta indossiamo per  sembrare chi vorremmo essere, dobbiamo ascoltare anche gli altri e non solo la Contessa di Guermantes , gli arricchiti Verdurin, Odette, ma proprio, come ci insegna Proust, la voce della cuoca “que vous impressionne agréablement parce que le bruit de voix c’est un chose qui est”.  Perchè “Les chose sont si belles d’etre ce qu’elles sont”!. E la verità nuda è bella e voluttuosa.

L’attesa del bacio materno del piccolo Marcel è un altro dei frammenti di questo primo libro, insieme ai ricordi dei turbamenti e delle inquietudini dell’adolescenza. E’ qui che si delineano i personaggi di Odette, di Charles, e si entra nei due mondi, quello dell’alta borghesia di Swann e quello dell’aristocrazia all’inizio della sua decadenza.

Sappiamo che la Recherce è la storia di una vita, che assomiglia molto a quella di Proust, ne viviamo trepidanti insieme al protagonista la vocazione per la scrittura che sembra non potersi realizzare, ma che infine lo sarà, come per un miracolo necessario,   ma non è un’autobiografia. E il Narratore non è Proust, come i suoi personaggi non sono mai esistiti. E’ il puntiglioso sguardo proustiano che riesce a staccarsi dal sè verso l’altro, verso l’intensa appassionata investigazione del mondo e della sua variegata popolazione. Tutti i suoi personaggi inventati hanno però corrispondenze con la vita reale. Insomma sembra tutto falso quando invece risulta tutto vero. Proust è un fine psicologo e sa  che l’uomo è complesso e molteplice, semplice e contradditorio. E che muta con il trascorrere del tempo. Il grande Tempo proustiano che rivive  e legittima la Realtà ricordandola. Perchè non entrare dunque, in questo pomeriggio piovoso, nel boudoir di Odette de Crécy vestita all’orientale, in attesa con finta trepidazione di Swann e delle sue orchidee Catlleya? O nel salotto di Madame Verdurin tra i suoi “fedeli” per ascoltare  un giovane violinista?

Proust sembra descrivere un’isola felice, una società che si autoesalta, si incensa, ma in realtà  ci svela con leggera tristezza  la visione pessimistica  e controversa  di questo mondo così attento alle apparenze e poco propenso alla comprensione.

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7 commenti
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  1. Proust è vera poesia, hai ragione carissima Mirna… Come poesia in note è la musica di Stefania che ,ho visto su fbook,si appresta a dare un bellissimo concerto..
    Due piccole note : per la futura nonna M.Teresa ( non preoccuparti, sbadati lo siamo tutti, io in primis !), sì, sono trentina, Abito a Calliano, ed insegno inglese alla scuola media di Mattarello. Ho 36 anni ( tra 8 gg in realtà ma insomma ormai mi considero over 35), quindi sono coetanea di Stefania e ho conosciuto la carissima Mirna a scuola, avendo lavorato dal 2001 al 2005 proprio con lei a Pergine.
    Per Camilla : non so come ringraziati del consiglio di lettura, sono appena all’inizio di Homer & Langley ma mi ha già catturato…. Un saluto a tutti/e!

  2. Pur non amando i libri troppo voluminosi non ho potuto fare a meno, in tempi ormai lontani, di affrontare quest’opera (che dovrei riprendere in mano), che, se pur frutto della cultura del tempo, è sicuramente un capolavoro assoluto, un modello letterario originalissimo e un’opera inimitabile sicuramente impegnativa, forse difficile cui occorre dedicarsi con pazienza, con fiducia, senza avere fretta.
    Come si sa Proust combatté contro la sua mancanza di volontà, la sua bassa autostima, la sua fragilità fisica e psichica, il tempo che scorre troppo veloce e arrivò così a prendere la grande decisione di scrivere un romanzo sugli uomini e sul tempo, regalandoci riflessioni eterne, facendoci così intuire di cosa è composto il tempo per cercare di fuggire il suo corso.
    I personaggi di quest’opera si riveleranno con l’avanzare della lettura diversi da come li si credeva nel primo libro, così come del resto avviene spesso nella vita. Proust, per mezzo di Swann, indaga i suoi personaggi descrivendone finanche i sospiri e la musicalità della scrittura ci svela così l’Assoluto che vive nell’interiorità umana, come le lunghe frasi spiegano gli aspetti del mondo e la profondità dell’anima.
    La vita degli uomini consiste dunque in una lotta disperata contro l’inevitabile scorrere del tempo che passando trasforma o distrugge gli esseri, i sentimenti, le idee. Questa lotta è condotta grazie alla memoria involontaria e per ricordare bisogna attendere una sensazione particolare che ne evochi una passata, un ricordo.
    Scopriamo così come la vita vera, la sola vita quindi realmente vissuta, che è la letteratura, dimori in ogni momento in tutti gli uomini altrettanto che nell’artista, grazie all’arte. In questo modo anziché vedere un solo mondo, il nostro, noi lo vediamo moltiplicarsi. Il tempo diviene così partecipazione tra gli uomini.
    Forse questa partecipazione, indicata da Proust, potrebbe fare anche riferimento al post del 15 settembre “Una lezione di stile”, sulle distanze sociali e sulla comunicazione fra i vari ceti, i cui commenti, se pur mirabili, secondo me esulavano dall’argomento.
    Penso infatti che Mirna intendesse parlare delle distanze sociali, non tanto per quel che riguarda mondi “altri”, ma di mondi il cui tempo, se pur mescolato nel quotidiano e a distanza ravvicinata, non diventa però vera partecipazione, ma aggiungo infine che questo blog è l’esempio lampante di tentare di far sì che la letteratura avvicini un po’ di più.

  3. Ci voleva Proust per farmi “smuovere” dal silenzio di questi giorni. Beh, è anche una coincidenza, in quanto sollevata da un impegno musicale alquanto impegnativo. Ed eccomi tornata nel nostro circolo di letture e riflessioni, riflessioni e letture.
    So che Proust aspetta paziente nel suo cofanetto rosa fucsia (mi ricordo bene quella mattina quando lo comprai per mia mamma nella vecchia libreria Demetra, al piano di sopra..-pensavo: ma pensa che per così pochi soldi uno compra una vita, migliaia di emozioni, una Weltanschauung…). Spero in cuor mio di non tradirlo, di avere il tempo di ritrovare il tempo, o almeno di sfiorarlo nel passaggio. Anche senza aver letto La Recherche tuttavia, mi sembra di riceverne gli influssi, attraverso le parole di chi ha iniziato il viaggio e anche solo attraverso i riferimenti alle immagini proustiane che troviamo in altri testi o opere d’arte. Per me questa è l’identità fra arte e vita e come dice mamma e ribadisce Enza, la vita è assorbita nell’arte che la esalta e l’arte è ovunque nella vita attraverso gli occhi del poeta (in senso lato). Se anche senza relazionarsi alla forma fisica dell’arte ne cogliamo – anche se parziali – i contenuti, il miracolo è compiuto. Io ho quasi paura di “attaccare” l’opera perchè per me è già nella sfera del mito…

    Un piccolo pensiero a proposito del tempo. Diceva un saggio indiano: “Il tempo è quello che è.” E’ la chiusura del cerchio, gli antipodi e l’unione fra due culture lontanissime eppur dialoganti. Il minimalismo spirituale indiano e il virtuosismo verbale ed intellettuale della nostra civiltà. Ma il tempo in ogni caso, rimane quello che è.

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