CERCANDO EMMA, e i nostri compagni letterari
pubblicato da: admin - 13 Settembre, 2010 @ 5:13 pmNon ricordo di aver letto “Un cuore semplice” di Flaubert, neppure negli anni della  lettura rifugio, salvezza, fuga dalla realtà  di quando, adolescente,  salivo le scale rinascimentali del Castello dei Pio a Carpi dove aveva sede la polverosa e magica biblioteca. Mi sarei senz’altro ricordata di Felicité.
Ah, mille anni ancora per poter leggere tutto ciò che mi ingolosisce? Ma ho letto “Madame Bovary”, come penso l’avremo letto tutte noi “ragazze”. E gli uomini?
In fondo Emma rappresenta una gran parte intima del suo autore. Celeberrima l’enunciato di Flaubert “Madame Bovary c’est moi“. Eppure Flaubert ce la descrive con stizza, con antipatia. Quando si notano i nostri difetti negli altri ci irritiamo, non è così?
Dacia Maraini presenta un’ ennesima analisi critica di questo romanzo, “Emma Bovary è di casa nella nostra città interiore” scrive  e indaga sul profondo e contradditorio rapporto che lega uno scrittore al suo personaggio più amato. Personaggio dell’immaginazione ma che fa luce anche  sulla nostra realtà più nascosta e diventa “nostro” e vero nel momento in cui il suo destino coincide con la nostra nostalgia, il nostro dolore, la nostra esperienza personale, il nostro vissuto.
Altri personaggi rimangono avulsi dalla nostra cognizione perchè troppo distanti emotivamente o intellettualmente, ma moltissimi altri rispecchiano parte di noi. Emma Bovary è uno di questi probabilmente. Siamo noi, almeno in piccola parte.
 Questa insoddisfatta, ambigua donna si nutre di letture mediocri che per essa sono il veicolo per sfuggire ad una inaccettabile e squallida realtà . Nonostante le nefandezze del suo pessimo carattere, Emma persegue un sotterraneo e tenace sogno di libertà .  Sembra una “Don Chisciotte che combatte contro i mulini a vento delle eterne province del pensiero, pronta a regalare il cuore per ogni piccolo sogno di evasione.”
Anch’io, da ragazzina, nei momenti di sconforto e inaccettazione di una realtà che non sentivo mia, fuggivo e mi rintanavo nei romanzi, ma altre eroine letterarie mi sollecitavano l’imitazione…Jane Eyre, soprattutto che lavorava e non si faceva abbindolare…che non era egocentrica come Emma.
E voi?
Perchè Flaubert sembra prendere in giro la sua antieroina? Rende grottesche le sue scontentezze, mentre noi scopriremo che sono tragiche proprio in quell’essere donna progioniera dei costumi dell’epoca.
“Un uomo per lo meno è libero” dice Emma ” un uomo può viaggiare per paesi e passioni, può superare gli ostacoli, affondare o denti nella felicità lontana. Una donna è continuamente impedita. Inerte e flessibile, ha contro di sè le mollezze della carne con le dipendenze dalla legge. La sua volontà , come la veletta del suo cappello trattenuto da un cordoncino, palpita a tutti i venti, c’è sempre qualche desiderio che la trascina e qualche convenienza che la trattiene. “
Interessante leggere le lunghe e corpose lettere che Flaubert scrive a Louise Colet ” Tu non capirai, tu che sei tutta d’un pezzo, come un bell’inno d’amore o una poesia. Io sono un arabesco di intarsi, ci sono in me pezzi d’avorio, pezzi d’oro e di ferro. Ci sono anche pezzi di cartone dipinto. Ci sono diamanti. Ma ci sono pure pezzi di latta.”
In Emma ci sono moltissimi pezzi di latta fasulli ma anche la durezza del diamante tanto da farla divenire un archetipo della rivendicazione femminile alla libertà nel bene o nel male. Per sua scelta.
E’ lontano da noi questo personaggio? Se noi crediamo di discostarcene troviamo invece somiglianze in altri ? Sentiamo l’impulso a scendere  nel nostro inconscio e capire che siamo sempre “Uno, nessuno, centomila”?
Questo lungo post è stato sollecitato sia dal commento di Camilla sulle  due donne eccezionali come Emerenc e Felicité, sia dall’uggiosa mattinata autunnale che mi tiene in casa, e  che  mi piace perchè mi permette di scrivere, bere caffè in deliziose tazzine colorate con il coperchio, ricevere una affettuosa telefonata da Rosetta, una e-mail da Donatella e godere dell’incontro ravvicinato con la scrittura e la mia sete letteraria.
Basta però. Domani per controbilanciare la mia prolissità spedirò un post di un uomo, del nostro  Riccardo che non credo si senta Emma Bovary… Oppure?
Inoltre ci sarà , dietro richiesta di  Enza,  la foto di Dorian, il suo gatto assistente…
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Che Riccardo non si senta Emma sono certissima. nessun uomo, tranne Flaubert(?)si sente emma. Invece,a mio parere, tutte le donne, in qualche modo, ammettono con sè stesse che la vita reale non somiglia sempre a quella ideale, e non nei casi di grandi dolori o di avvenimenti incontrollabili, ma proprio nella vita quotidiana, soprattutto nelle aspettative più comunemente sognate, nel vivere momento per momento alla ricerca continua di una bellezza di una armonia….della “felicità “, che si lascia intravvedere di tanto in tanto ma che, come un lampo, sembra scappare via prima di essere ben acchiappata. Certo , dove le donne hanno potuto conquistare l’indipendenza , emotiva ed economica, l’autonomia di giudizio e, di conseguenza, la stima di sè, non succedono più terribili storie come quelle di Emma, ma un senso di frustrazione e un tentativo di modificare stuazioni pesanti è sempre in agguato e, spesso, superato, non senza qualche difficoltà . Per gli uomini, eterni scontenti , così come le donne, c’è l’assoluzione preventiva. Fino al 1974,non c’era la legge sul diritto di famiglia, c’erano il delitto d’onore, il divorzio all’italiana e altre cose terribili.Oggi, ci sembrano appannaggio di paesi lontani. Ma sono gli uomini quelli che fuggono di più, oggi.Come faceva emma.
Pochi uomini sanno di essere Emma. Concordo con Camilla nel vedere e nel vivere delle donne in questo binomio reale-ideale che ci lega alla vita. Forse è proprio da questa contraddizione che nasce una nitida forma di libertà , che fa intravvedere la bellezza, la pace nella poesia della vita di chi è assetato di ideali, seppur talvolta con sofferenza estenuante. Certo, oggi rispetto al tempo di Emma le cose sono cambiate, in meglio, ma sono loro che restano saldamente ancorate, più degli uomini.
Un caro saluto, Miki
Flaubert dimostra quanto siano ridicole e stupide le convenzioni della borghesia, egli rappresentata infatti la crisi degli ideali romantici, facendo diventare il suo romanzo un esempio tipico del realismo. Emma è ansiosa d’amore, sognatrice, perennemente scontenta, desiderosa di elevazione sociale e di una frizzante vita aristocratica: tutti sogni infranti fino alla tragedia finale, soprattutto dopo l’incontro con gli uomini che saranno partecipi della sua rovina.
Non c’è pietà nella sua vita né da parte sua, né da parte del mondo che la circonda e, per un riscatto nei confronti di se stessa e della società che la circonda, quella finale non può che essere la scelta più opportuna.
In Emma non posso fare a meno di riconoscere certi vaghi sogni adolescenziali, nutriti da letture rosa, quando un principe asessuato ti portava via da “tutto ciòâ€. Per fortuna si vive in un momento diverso, che ha permesso, soprattutto alla donna, di destinare corpo e mente ad una libertà e verità che portino verso felicità e amore.
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