MARINA CVETAEVA, MIA MADRE di Ariàdna Efròn

pubblicato da: admin - 3 Settembre, 2010 @ 6:15 pm

scansione0001Tornata finalmente nell’ appartamento di Trento, mi sono rituffata tra le mie scrittrici preferite, tutte in una fila – pur se un po’ disordinatamente- nell’alto scaffale di legno. Guardo i libri della Yourcenar,  Woolf,  Blixen , nominate ieri da Enza,  ma mi fermo sulla  biografia di una poetessa russa che da sempre mi affascina: Marina Cvetàeva.

Nata a Mosca nel 1892, Marina dimostra presto un carattere autonomo formandosi culturalmente soprattutto con letture private. Predilige i romantici tedeschi e russi, ma all’inizio della sua produzione poetica si legherà al simbolismo russo.

La sua vita è un alternarsi di poche gioie coniugali e di grandi separazioni, di intense amicizie con i grandi contemporanei e di periodi di abbandono e solitudine. 

Appena diciasettenne incontra e sposa  Sergej Efròn che le darà tre figli, ma dal quale per ragioni politiche vivrà spesso lontana.

Nel febbraio 1917, allo scoppio della rivoluzione bolscevica, Marina  si trova a Mosca dove rimane  per cinque anni , con le prime due figlie , ma senza il marito, patendo la fame. La figlia più piccola morirà infatti per denutrizione.

Dal 1922 al 1925 si ricongiunge con il marito a Praga.

Tornati in Russia Marina Cvetàeva, suo marito Sergej, la prima figlia  Ariàdna e il terzo figlio verranno considerati traditori del partito. La figlia arrestata, il marito e il figlio fucilati.

Marina non regge più alle traversie, alla miseria, alla solitudine, al dolore. Si toglie la vita il  il 31 agosto 1941.

La sua vita, le sue poesie ci vengono raccontate dalla figlia Ariàdna Efròn la quale, riabilitata nel 1955, si dedica a recuperare gli scritti della madre  e ad occuparsi di letteratura fino alla sua morte.

A sei  anni, nel 1918, Ariàdna scrive di sua madre:

“Mia madre è molto strana. Mia madre non somiglia affatto a una madre. Le madri ammirano sempre il loro bambino e i bambini in genere, invece a Marina non piacciono i bambini piccoli. Ha i capelli castano chiari, che si arricciano ai lati. Ha gli occhi verdi, il naso con la gobba e le labbra rosa….E’ malinconica, svelta, ama la Poesia e la Musica. Scrive poesie. …Si arrabbia e ama. Deve sempre correre da qualche parte. Ha un cuore grande così. La voce dolce. Il passo rapido. Marina di notte legge. Ha quasi sempre gli occhi che prendono in giro. Non le piace essere tormentata con domande stupide, allora si arrabbia molto.

Qualche volta va in giro come persa, ma all’improvviso pare come che si svegli e comincia a parlare, e poi di nuovo sembra che parta per chissà dove.”

Commovente, lucida, intensa questa descrizione da parte di una bambina per una madre amatissima, ammirata, elusiva che sembra sfiorare soltanto il mondo dell’infanzia per astrarsi completamente nel mondo della poesia.

Ariàdna ci rivela comunque  di aver imparato tutto da sua madre: vivere con fantasia i momenti difficili e bui, a godere del dono sublime della poesia e dell’amicizia. E di amicizie importanti Marina ne gode, da Majakovskij, Pasternak, Rilke, la Achmatova.

Leggiamo della vita dell’esilio e della costante nostalgia della patria diversa e perduta:

“Nostalgia della patria/ da tempo logorio smascherato / Per me è assolutamente uguale – DOVE assolutamente sola…/Per me è uguale, in mezzo a quali / volti aizzarmi come accerchiato / leone, l’umana cerchia dalla quale / esser respinta -inevitabilmente -…”

Così inizia una delle più belle poesie della Cvetàeva, tutta volta a dimostrare come per lei non facesse differenza dove rimanere comunque sola. Ma negli ultimi due  versi ecco la virata verso qualcosa di familiare e consolatorio. “Ma se per strada trovo / un cespuglio, specie se un sorbo…”

La poesia sempre consolatoria per me in questo momento di piccola  migrazione.

Qui mi sento più “a casa”, più me stessa, anche se mi occorre un po’ di tempo per “centrarmi” veramente, ancora rivestita dall’atmosfera di un altro contesto.

Quale il luogo fermo, la casa, dove raccogliere il vostro “sè” ed aventualmente partire per altri lidi, sapendo però di tornare nel vostro porto sicuro?

Ora, per me, è questo luogo, un domani sarà forse un altro, ma devo sentirmelo come una darsena da dove partire e ritornare.

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  1. Carissima, ben tornata!!!!! Che bello, prossimamente ci vedremo, magari per una passeggiata lungo il Fersina e forse con qualche chiacchiera davanti ad una fumante tazza di caffè.
    La casa, il ritorno, la nostalgia di accoccolarsi nuovamente dentro il proprio “nido” è una delle sensazioni più intense, perchè è sempre come iniziare un capitolo nuovo. Come ti capisco!! Nel corso degli anni anche per me è stato così. La mia casa….divenuta nel tempo il mio porto più riparato, la logica fine di ogni viaggio. Quando, ventunenne giovane sposa, ci sono entrata mi aveva dato subito la sensazione di qualche cosa di prezioso da poter plasmare seguendo l’estro. E questo è ciò che ho fatto, con sacrifici a volte, ma sempre con grande gioia. Logicamente la musica la fa da padrona, ma tutto l’insieme rispecchia la mia personalità e questo mi emoziona molto, perchè Alberto ne era e ne sarebbe molto fiero. In ogni stanza ci sono ricordi, foto, strumenti e libri (ma come mai i miei quintali di libri sono così diversi dai tuoi? Un giorno ne parleremo, vuoi?). In questo periodo, poi, stiamo ristrutturando e la mansarda è nata meravigliosamente splendida.
    La casa… quanta nostalgia ne avevo in quel periodo dell’operetta! Ho sofferto moltissimo e mi sentivo continuamente strappata via dagli affetti più cari. Ma così è la vita nomade dell’artista. Solo il ritorno a casa mi ha aperto gli occhi, asciugandoli come per incanto. E da quel giorno sono passati esattamente 40 anni…
    Spesso ho composto delle poesie (per carità, più che poesie…pensieri) sulla casa. Mi ha dato sempre conforto e soddisfazione.
    Per esempio:
    ……….
    Ancorata / in queste acque tranquille /
    mi sento felice / appagata.
    E tu / sarai sempre per me /
    il faro / di questa splendida baia.

    oppure,aspettando l’incanto del Natale….
    …..
    La casa / ammantata di rosso e oro /
    pulsa / nell’attesa della vigilia.
    Le prima note di “Stille Nacht” /
    si levano soavi / penetrando dolcemente
    nel cuore / e calde lacrime d’emozione /
    cadono lente / dai miei occhi.

    E il giardino? Come una costante e logica continuazione della casa, per me è tutto.
    ….
    la natura paga / si prepara / al meritato riposo.
    Luci si accendono / rassicuranti ombre
    avvolgono l’aria / riparando protettive
    il sonno / delle mie creature.

    Ben tornata Mirna, bacioni a presto Cris.

  2. Buongiorno e ben tornata cara Mirna! Grande piacere e bellezza ritrovarti con gli altri lettori!
    Sono tornata ieri da un’isola greca- Astipalea-, incantevole, selvaggia e imbevuta di storia.
    In viaggio ho riscoperto il valore di scrittori contemporanei quale Alice Munro, il suo libro “In Fuga” vede e racconta l’anatomia ed il cuore femminile magistralmente e poi Canone Inverso di Maurensig.
    Marina Cvetàeva l’ho scoperta tempo fa leggendo l’inserto della domenica del sole 24ore. Incuriosita ho letto qualche sua poesia travolgente e passionale; capace di sfidare la vita e la morte. Leggerò il libro di Ariàdna Efròn.
    Ti abbraccio,
    MIKI

  3. A man’s dreams are an index to his greatness. -Zadok Rabinwitz