LA META' DI NIENTE, e sempre di amore si scrive
pubblicato da: admin - 14 Maggio, 2010 @ 6:57 pmE’ l’amore che fa girare il mondo si sa, amore per la vita in generale, per gli altri e l’amore di coppia. E di quest’ultimo si sono scritti migliaia e migliaia di romanzi, soprattutto sul matrimonio. Catherine Dunne, dublinese, esordisce qualche anno fa proprio con questo romanzo sul matrimonio, un matrimonio finito. Raccontata sotto forma di diario e con molti flash back, questa vicenda coinvolge i lettori, diciamo lettrici per lo più, per il suo linguaggio chiaro e le descrizioni quasi fotografiche degli avvenimenti. Storia consueta: il marito, Ben,  di punto in bianco dice alla moglie Rose che non l’ama più e la lascia sola con tre figli e pochi soldi. Questa scena drammatica si svolge in cucina, luogo privilegiato della casa e luogo simbolo della donna, lare del focolare. Ma luogo anche di costrizione, relegamento, fissazione di un ruolo prestabilito e accettato per amore e consuetudine.
Dopo la disperazione, la disillusione, lo sgomento, Rose, come tante donne, trova la forza per iniziare un nuovo cammino che la porterà alla consapevolezza di sè attraverso risorse che scopre di possedere. Proprio dalla cucina-prigione nasce la nuova Rose, non più metà di niente come quando è stata lasciata, ma persona completa , libera e gioiosa.
Eppure quante donne ancora si sentono realizzate soltanto all’ombra del compagno! E se venissero abbandonate  si ritroverebbero spezzate come la teiera dell’immagine di copertina! Se nell’Ottocento le  mogli deluse dovevano sopportare in silenzio le eventuali sofferenze, i soprusi, lo sbriciolamento della propria individualità per mancanza di autonomia economica, oggigiorno ci si può liberare. Conosco donne che lo hanno fatto, a costo di sacrifici, pur di riappropriarsi della propria dignità e della propria libertà interiore. Altre invece non riescono a staccarsi dall’uomo-sicurezza e accettano di essere le mogli-stuoino soffocando ogni desiderio o anelito di esprimere se stesse.
Fortunatamente c’è anche la via di mezzo: quella dei matrimoni tranquilli, basati sull’amore, stima, rispetto, amicizia.
E’ un argomento questo che tocca tutte noi, sposate e non sposate perchè mette in discussione quanto di noi siamo disposte a “cancellare” per un uomo. A me verrebbe da dire “niente”. Si può essere tolleranti, comprensive, ma occorre essere se stesse…trovo che sia più onesto. Ma non voglio pontificare. Ognuno di noi forse sceglie il modo di vivere che risponde a una propria esigenza.
Sono completamente d’accordo con le considerazioni scaturite da questo libro, che però a me non è piaciuto tanto… la storia mi è sembrata un po’ banale, anche se certamente ne ho apprezzato lo spunto, il monito a non adagiarsi, a non dare nulla per scontato, a guardare sempre al di là delle immediate apparenze e delle abitudini. Mi era piaciuto di più “Se stasera siamo qui”: sicuramente la storia è più originale e varia, e mi era sembrata più poetica. Anzi, “Se stasera siamo qui” si apre con alcune parole che mi sono entrate subito nella memoria, e che mi permetto di riportare:
“Qui alla frontiera cadono le foglie,
e benché i vicini siano tutti barbari e
tu, tu sia a mille miglia di distanza,
sul tavolo ci sono sempre due tazze”
ANONIMO (dinastia tang, 618-906)
Contentissima che Valentina si sia affacciata nuovamente al blog. E grazie di aver trascritto la bellissima lirica cinese. L’immagine di due tazze da tè sul tavolo è dolcissima.
Cercherò “Se stasera siamo qui” che non ho letto.
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