LA MEMORIA DELL’ALBERO di Tina Vallès
pubblicato da: Mirna - 2 Ottobre, 2020 @ 10:00 am“Joan e Jan, nonno e nipote, sono legati da un filo indissolubile. Per questo Jan fa salti di gioia quando viene a sapere che i nonni lasceranno Vilaverd per trasferirsi a Barcellona, a casa sua. Ma, con i sensi acuti tipici dell’infanzia, non tarda a capire che qualcosa non va. Il nonno non è più lo stesso. ..”
Questa in breve la trama.
Ma è troppo semplicistico scrivere ciò per un racconto che alla fine è come se mi avesse… lavato il cuore.
L’ho letto d’un fiato : caratteri grandi, capitoletti brevi per descrivere sentimenti semplici e profondi. L’amore per gli altri e per la natura.
L’Io narrante è un bambino di 10 anni che si chiama Jon e che ama la sua famiglia, particolarmente il nonno che si chiama Joan, con una o in più, dettaglio importante perchè il nonno glielo vuole regalare.
Una O che rappresenta anche il suo lavoro, infatti è un orologiaio, ma certamente anche la circolarità del tempo e della vita. Una O che circonda e che dovrebbe trattenere anche la memoria. Ma la memoria del nonno se ne sta lentamente andando. Come fare per trattenerla circoscritta in questa magica O?
Facendogli raccontare del suo amore per gli alberi, per le loro ombre che sempre ti possono salvare, per il salice piangente della minuscola piazzetta di Vilaverd che fu colpito a morte da un fulmine, ma che riuscì con gli ultimi rami, battendo alla finestra del nonno bambino ammalato, a salvargli la vita.
E’ una storia “piccola” ma che ti fa fermare un po’ in questa corsa esacerbata di paure e aggressività che stiamo vivendo.
E’ una storia che ci fa riflettere su ciò che eravamo “prima”, prima di che? prima di ciò che ci mette in ansia e che ci fa correre forse senza meta.
Fermiamoci sotto un albero, accarezziamolo, ascoltiamolo, assaporiamo il tempo lento che ci mette per crescere ed osserviamo ciò che accade.
Ripassiamo il rispetto e l’attenzione. E l’amore.
Mi fa piacere riprendere a scrivere il blog dopo tanto tempo – questi tempi difficili – parlando soprattutto di alberi. Perchè il breve mese trascorso a Borzonasca in questo anno anomalo mi ha fatto osservare a lungo gli alberi del mio giardinetto. Gli amareni e il nespolo e il pruno senza ormai più frutti. Chi li avrà mangiati? Spero i vicini, ma penso soprattutto quegli uccellini canterini qui soprannominati “ballerine”. Che siano le cinciallegre?
Ma il caco invece ha continuato a fruttificare. Alcuni cachi arancione li abbiamo portati a Trento. Almeno assaggiamo il sole dell’esatate ligure dimezzata.
Piero diceva sempre che l’ombra del nostro caco era particolare. Che intendeva? Troppo fresca? Per questo mi aveva fatto costruire un sedile e un tavolino d’ardesia proprio sotto la sua ombra circolare. Ed io l’avevo abbracciato riconoscente.
Amavamo entrambi gli alberi.
Una lettura molto confortante, grazie mamma di averla consigliata….come dici tu: tempi lenti, rispettosi dei tempi umani, qualsiasi sia l’evoluzione. Il nonno perde la memoria ma gli affetti compensano con l’attenzione e l’amore e il bambino-io narrante cresce e matura nel processo. Una favola che potrebbe essere la nostra realtà qui e ora se tutti lo volessimo, per remare contro la dissoluzione di vecchi e illusori stili di vita, evidentemente collassanti. Una pausa piena di grazia nel nostro mondo assordante.