POESIE, DI EUGENIO MONTALE
pubblicato da: admin - 24 Aprile, 2010 @ 8:16 pmOggi… una sorsata di poesia, che è necessaria per alleggerire i nostri pensieri. Anche se è pessimistica. Ma il riconoscere i propri sentimenti nei versi di un poeta è sempre un’ illuminazione e un  conforto . Eugenio Montale, premio Nobel nel 1975, è uno dei miei poeti preferiti. Proprio l’anno scorso stavo preparando i miei alunni della Terza D per l’esame di licenza media. Ricordo le lezioni in cui spiegavo ” Meriggiare pallido e assorto” “Spesso il male di vivere ho incontrato” e la soddisfazione nel sentirle poi analizzate esaurientemente durante il colloquio finale. Poesie che molti conoscono come forse è conosciuta  la poetica di Montale: il poeta non può spiegare tutto con le sue parole (“Non chiederci la parola che squadri da ogni lato” ), l’importante è arrivare a quel quid al quale le sole parole non arrivano. Anch’egli , come Svevo con il quale intreccia  un’assidua corrispondenza, parla del privato psicologico. Per scrivere occorrono le “Occasioni ” e ai veri poeti non mancano mai, basta “leggere” la realtà esterna e ciò che avviene dentro di noi.
Eugenio Montale nasce nel 1896 in Liguria, a Monterosso,  che io nei miei pellegrinaggi letterari (come fa Camilla) ho girato in lungo e in largo. Ho trovato la sua villa e attraverso il cancello cercavo il famoso rovente muro d’orto. Mi piace anche come persona. Interrompe gli studi tecnici, si dedica al canto, poi diventa critico musicale. Si trasferisce a Firenze per lavorare al Gabinetto  Viesseux da dove viene licenziato nel 1938 perchè non iscritto al partito fascista.
Scrive molto, quindi si può parlare di diverse fasi artistiche. Dagli iniziali “Ossi di seppia” all’ultima raccolta “La bufera” dove i versi sono più aspri, meno cantabili. La sua opera “attraversa D’Annunzio per approdare a un territorio tutto suo riuscendo a far cozzare tra loro l’aulico e il prosaico,” scrive un critico.
Passeggiando, nel 1946,  per la ventosa  Edimburgo, attraverso una delle sue piazze a forma di mezzaluna,  vede riflettere il sole del tramonto sulle alte verande delle case:
Il grande ponte non portava a te . /T’avrei raggiunta anche navigando / nelle chiaviche, a un tuo comando. Ma / già le forze, col sole sui cristalli / delle verande, andavano stremandosi.
E’ la prima strofa di “Vento sulla mezzaluna”.
Delle poesie di Montale c’è tanto da spiegare, forse anche troppo, come una volta lui stesso disse meravigliandosi di ciò che i critici avevano capito dei suoi versi, significati reconditi ai  quali lui non aveva pensato.
La poesia è un’emozione immediata: la scelta di una  parola particolare per  descrizione del paesaggio o per l’ impeto del cuore deve scuotere e  far  “rabbrividire” il lettore (come diceva Emily Dickinson).
A me capita rileggendo “Arsenio” , “Falsetto“….
In “Arsenio “si rispecchia lo stesso poeta, è un monologo che descrive una passeggiata in “discesa” verso il mare, metafora dell’umano esistere destinato fatalmente all’annientamento.
“I turbini sollevano la polvere / sui tetti, a mulinelli, e sugli spiazzi /deserti, ove i cavalli incappucciati/ annusano la terra, fermi innanzi/ ai vetri luccicanti degli alberghi./ Sul corso, in faccia al mare, tu discendi/ in questo giorno / or piovorno ora acceso…
…e se un gesto ti sfiora, una parola / ti cade accanto, quello è forse, Arsenio / nell’ora che si scioglie, il cenno d’una vita strozzata per te sorta, e il vento/ la porta con la cenere degli astri.
Il mare è sempre presente in Montale. Come non citare dunque “Falsetto” dove una giovane si stende leggiadra su uno scoglio e poi si tuffa in mare.
“Esterina, i vent’anni ti minacciano / grigiorosea nube/ che a poco a poco in sè ti chiude/ …Leggiadra ti distendi /sullo scoglio lucente di sale/ e al sole bruci le membra. / Ricordi la lucertola / ferma sul masso brullo; / te insidia giovinezza…
…T’alzi e t’avanzi sul ponticello / esiguo, sopra il gorgo che stride: / il tuo profilo s’incide / contro uno sfondo di perla. /Esiti al sommo del tremulo asse, / poi ridi, e come spiccata da un vento / t’abbatti fra le braccia / del tuo divino amico che t’afferra.”
La giovane si tuffa nel mare, simbolo dell’indistinto primigenio, mentre  i poeti, più consapevoli, la guardano vivere e concludono:
“Ti guardiamo noi, della razza / di chi rimane a terra”.
Spero che la mia amica di Recco, che io talvolta chiamo Esterina, mi legga e che passeggi sugli scogli di fronte al mare.
Poesia da leggere spesso (ad alta voce!) per sentirsi meglio.
Montale ha connotato gran parte della mia vita. A cominciare dalla conoscenza fatta grazie ai libri di mamma, continuando poi alle medie e ad autore scelto all’esame orale di maturita’, per non parlare del legame con la sua terra, la Liguria. Montale e’ un artista completo e non convenzionale. Non ha fatto ad esempio studi classici e si e’ dedicato alla musica (cosa che me lo fa amare ancora di piu’). E la musica si sente nelle sue poesie. Montale e’ un poeta metafisico, come dice mamma, porta in se’ significati multipli ed infinite, possibili interpretazioni.
Quello che mi piace di lui e’ che mi fa pensare, soprattutto al senso della vita e dei nostri pensieri. Credo che per chi ama la poesia, Montale e’ un “MUST”. Grazie a mamma per la scelta!
Un piccolo colpo al cuore questa mattina, non tanto per il poeta, che oramai ….è sera, ma per un ricordo lontanissimo, quando ero minacciata dai vent’anni, ancora più di mille giorni lontani, e già ,dopo il sole abbacinante qualche ombra mi rendeva inquieta, io mi chiamavo, segretamente, Esterina e ritrovavo tutto il mio coraggio. Pensa quanto ho amato Esterina. Un tantino commossa , ho sorriso questa mattina, grata a te che mi hai ricordato questi versi della mia stessa vita. Sapere che domani, spero, troverò un altro tuo pensiero mi rende contenta e ti ringrazio. E ciao.
Anche per me che sono al 50% ligure, ma non solo per questo, Montale è grande. I suoi versi scabri, duri, talora respingenti, ugualmente affascinano e nonostante l’immediata non-linearità restano impressi, lasciano l’impronta, non si dimenticano facilmente. Personalità davvero interessante la sua: una voce fatta di inquietudine, un mai allineato, un tipo che appariva scontroso e chiuso, ma che aveva i due grandi doni della coerenza e dell’ autoironia. Sappiamo tutti, e Mirna lo ha ricordato, a che cosa lo ha portato la sua coerenza. La sua autoironia, il prendersi in giro da solo -segno di profonda intelligenza- emergono in diversi epiosodi della sua vita.
Quando doveva preparare il discorso ufficiale per la cerimonia del premio Nobel pare abbia detto: “Dovrei dire cose solenni, immagino. Mi viene invece un dubbio: nella vita trionfano gli imbecilli. Lo sono anch’io?”
E poi, penso con simpatia al fatto che amava gli incontri al caffè con gli amici e buttava giù i suoi versi dove gli capitava: vecchie buste, fogli di calendario, conti di trattoria, biglietti del tram… E diceva: “Una volta un amico mi ha regalato una risma di carta di qualità straordinaria. Non l’ho mai usata. E’ troppo bella!”
A chi ha voglia, consiglio “Montale, biografia di un poeta” di Giulio Nascimbeni.
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While one person hesitates because he feels inferior, the other is busy making mistakes and becoming superior. ~Henry C. Link
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