QUANDO FINISCE L’INVERNO di Guadalupe Nettel, ed.Einaudi
pubblicato da: Mirna - 7 Dicembre, 2017 @ 2:12 pmIo leggo molto, lo sapete. Guai se non avessi sempre un’altra storia accanto alla mia.  O un saggio interessante . Ma è soprattutto la narrativa, quindi le vite di altri, vere o immaginate che mi fanno compagnia durante la mia di vita.
Da sempre.
Da ragazzina, durante periodi difficili, io potevo entrare in altre vicissitudini che mi aiutavano, rallegravano, confortavano. Ricordo quando lavoravo, ancora minorenne, presso un avvocato di Carpi non facevo altro che  leggere, leggere.
Quando talvolta  il mio “povero” titolare mi chiamava per dettarmi una lettera io emergevo come in trance dalle brughiere dello Yorkshire o da altre ambientazioni e lo guardavo con occhi truci.
I personaggi  letterari, gli autori fanno parte della mia “famiglia”.
Ancor oggi se ho accanto  un libro che mi piace la giornata è già positiva. Quando mi sveglio so che  posso entrare, dopo il caffè, nella vita di donne e uomini che affrontano l’esistenza in svariati modi. Mentre passeggio  o faccio  le faccende domestiche quasi sempre ripenso al personaggio di cui sto leggendo gli accadimenti. E che bello sapere che quando andrò a letto potrò  essere ancora con lui/lei e vagare in un altro ambiente.
A voi succede così?
Anche con questo ultimo romanzo molto avvincente della scrittrice messicana GUADALUPE  NETTEL, classe m 1973, io sono tornata  a NewYork e a Parigi.
Ma non solo.  Anche dentro le loro riflessioni, il loro modo di affrontare l’esistenza. Dissociandomene  in gran parte…ma è proprio questo che ti fa conoscere meglio gli altri e te stesso.
Claudio è un cubano quarantenne pieno di manie ossessive per l’ordine che dovrebbe in qualche modo porre un limite ai ricordi impietosi di un’infanzia e prima giovinezza difficili. Il suo appartamentino è quasi una prigione-bastione difensivo  confortante e la liason con la “tardona” (così la chiama lui) di 15 anni più vecchia  lo aiuta a superar gli ultimi rigurgiti di passioni, desideri, paranoie.
Dall’altra parte dell’Atlantico c’è Cecilia, giovane messicana introversa, che non riesce a trovare amichevole la Parigi (che io amo).
E…vive di fronte al cimitero di Pére Lachaise. Un suo vicino Tom, malato gravemente, ha un’ossessione maggiore della sua per i cimiteri. Si intendono, si fanno compagnia, si ameranno.
Cìè  un’incontro casuale tra Claudio e Cecilia che non porterà a nulla fra di loro, se non  la consapevolezza che ognuno sembra avere il proprio destino.
Père Lachaise: come Cecilia anch’io ne ero attratta.
Un giorno, mentre il mio gruppo di turisti era altrove, con un taxi mi sono fatta portare al cimitero che ospita personaggi illustri come Chopin, Colette, il violinista Kreutzer, Oscar Wilde, Simone Signoret…ma prima di entrare, come la protagonista, mi sono gustata una omelette ai funghi. E poi …bellezza, emozioni.
Quando finisce l’inverno è un romanzo vincitore  di un prestigioso premio letterario.
Ma non solo.  Despues del invierno è un tratto del cammino di ognuno di noi. Quel tempo in cui ci sentiamo soli, al freddo, e non sappiamo ancora  come superare i dolori e le sconfitte. Quando non sappiamo ancora chi siamo veramente.
Da leggere.
Grazie di nuovo per ieri e per l’entusiasmo che metti nel descrivere un libro. Ti sono grata anche perchè credo di essere riuscita a commentarlo. Ciao, Carla
Riprovo, sperando di avere più successo, con una breve considerazione. Anch’io leggo molto, lo sai, due libri contemporaneamente, da sempre: un romanzo, meglio se psicologico e un saggio. Il primo a letto la sera e il secondo quando ho tempo, perché la giornata mi sembra non vissuta se non mi porta qualche nuova conoscenza. Penso anche che leggere è solo non è propriamente vivere, è vivere la vita di altri, e con essa solo in parte la nostra. Scrivere assomiglia solo un po’ al vivere, perché si è soli con se stessi e l’altro, il lettore, sarà chiamato in causa poi. In entrambi i casi si cerca di comunicare: lo scrittore a noi e noi al lettore. Come in un quadro, badando però che qualcosa rimanga nascosto, come un segreto, perché l’arte serve anche a questo: dire, ma non tutto, meglio lasciare intuire quello che non siamo capaci di dire. Ti saluto affettuosamente