MARINO MORETTI, omonimo di mio padre

pubblicato da: admin - 15 Aprile, 2010 @ 7:55 pm

scansione0020cm_mm00[1]Il 15 aprile  1912  è la data di nascita di mio padre, Marino  Moretti. Nacque proprio la notte in cui  il Titatnic affondò ( ci teneva a ricordarlo)  –  e qualcosa di tempestoso ed eccessivo nel suo carattere  lo ha sempre avuto – ! Oggi avrebbe quindi quasi 100 anni,  sarebbe potuto  essere! La nonna di mio genero è una deliziosa centenne che vive da sola.

Il poeta Marino Moretti nasce invece nel 1885 a Cesenatico e si inserisce nella corrente del Crepuscolarismo. Ama recuperare nel ricordo le “buone cose di pessimo gusto” come Gozzano nella  celebre “L’amica di Nonna Speranza”. Le sue raccolte hanno titoli semplici “Poesie di tutti i giorni””Il giardino dei frutti”, “Poesie scritte col lapis”. …

Parla spesso di scuola, di alunni, quaderni e lapis rosso e blu. Mi ricordo di una volta che, ammalata, mi sentivo dentro una sua poesia.

Pensavo alla mia classe, al posto vuoto / al registro all’appello (oh, il nome, il nome / mio nel silenzio! ) e mi sentivo /  come proteso nell’abisso dell’ignoto…

…E fra me ripetevo qualche brano / di storia (Berengario, Carlo Magno / Rosmunda) ed era la mia voce un lagno…/ ritmico, un suono quasi non umano/…Ma l’ore…l’ore non passavan mai.”

Il suo linguaggio  è semplice, comprensibile, velato talvolta da ironia.  Scrive anche romanzi.

Ma sfogliando la mia antologia scopro una poesia deliziosa dedicata a  “Carolina Invernizio”,una scrittrice di storie un po’ rosa, un po’ horror, un po’ gotiche, dai titoli “Sepolta viva”, “Il bacio di una morta” “La vendetta di una pazza”… che Marino Moretti aveva letto da ragazzo (le ho  lette anch’io… su suggerimento della mia  bionda e adorata mamma!!!).

“…Qual bacio infame, qual delitto, quale / segreto, quale terribile sorte / quale peccato, qual genio del male? /…Gli altri parlavan di navigatori,/ di arcipelaghi in fiamme, di villaggi / aerei, di corsari e minatori…/ io li guardavo i miei compagni, attento, / dubbioso ancor della Sepolta viva, io li guardava con la faccia smorta, /con la mia smania di pervertimento, / dubbioso ancor del Bacio di una morta./ Ma oggi dolce il tuo pensier mi lega / a’ tuoi fantasmi e a te mi ravvicina, / oggi ch’io sono quasi un tuo collega, / oggi che taci e muori, Carolina.”

Come lui a suo tempo, leggendo questi racconti, mi sentivo in imbarazzo soprattutto nei confronti di una amica più intellettuale che leggeva i Lirici greci e saggi politici.  Ma per me  i romanzi della Invernizio, della Delly, di Liala erano  un’evasione totale, inoltre mi piaceva tanto leggere questa autrice perchè  era il soprannome di mia zia Luciana, melodrammatica, esagerata e catastrofica come le sue storie.  Mia madre, sua sorella, la chiamava così e  spesso la sentivo commentare le sue lamentele con ” Ma va’ là, Carolina Invernizio!”

Poesia crepuscolare, poesia dei ricordi familiari, di un tempo che sembra lontanissimo, ma non è. Avvolti nella tecnologia, nella fretta estrema del vivere consumistico, consumiamo il tempo, le cose, il respiro e  non ci rendiamo conto degli agganci con il passato così importante per la nostra storia.

Quand’ero bambina, negli anni ’50, c’era il Rusinin una ex-mondina, piccola e secca, che viveva in una stanzetta sopra il nostro appartamento, a Carpi. Ebbene lei non aveva la luce elettrica. Non so il perchè: forse non aveva soldi? forse non voleva cedere alla modernità? Ma quando lei mi chiamava per farmi assaggiare la grappa con la ruta ( forse non adatta a una bambina, ma le mondine…) io rimanevo incantata dalla sua lampada ad olio e volevo sempre provare ad accenderla. L’Ottocento era vicino, quindi.

Ed ora?

La nostra memoria, serbatoio importante e basilare per farci proseguire deve sempre essere attizzata come un fuoco per produrre la sua energia.

Mio padre, Marino Moretti, toscano Doc, persona affascinante, talvolta un po’ difficile e forse incompreso, è sempre nei miei pensieri.

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8 commenti
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  1. Marino Moretti, Sergio Pezzani (“Odor di cose buone”)… i poeti di cui negli anni ’50, quando anch’io frequentavo le elementari, ci facevano studiare le poesie, così facili da mandare a memoria, con quelle rime semplici, con quella metrica tanto scontata quanto regolare! Eppure sono bei ricordi. Più tardi, negli anni ’70, sull’onda del ’68, si disse che studiare a memoria non serviva a nulla. Niente di più infondato: è proprio il mandare a memoria nell’età dell’infanzia e della preadoloscenza, quando i neuroni sono più freschi, che si formano le impronte più indelebili.
    Cara Mirna, i nostri padri erano quasi coetani. Il mio era nato l’11/11/1911 e, siccome era un precisino, gli dicevamo sempre che la sua pignoleria si vedeva fin da quando era venuto al mondo, con quelle tre cifre 11, caricate per di più dall’ora: proprio le undici, queste però di sera. E lo prendevamo in giro, facendogli notare questa irregolarità!

  2. …e io concordo sul fatto che lo studiare a memoria a qualcosa dovesse servire, se la mia mamma – a quasi 95 anni – ricordava interi brani dell’Orlando furioso e della Divina Commedia (MT mi è testimone). Oggi sono uscita per le tante commessioni da fare prima di un viaggetto (vado 15 giorni a Tripoli), e sono riuscita a trovare il tempo per infilarmi in libreria e comprare “3 libri 3” da portare con me, più altri due per Paolo; mi pare pleonastico sottolineare che la Musa ispiratrice di questa follia comprereccia è stata la nostra ospite! Approfitto dell’occasione per mandare un caro saluto e un a presto ..riscriverc!i

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