Il mio primo Natale…abroad
pubblicato da: Mirna - 24 Dicembre, 2016 @ 9:01 amIL MIO PRIMO NATALE ABROAD ( Da “Vestivamo in minigonna”)
che non vuol dire …in brodo…ma all’estero.
Ma devo tornare a sei mesi prima quando io, Giuliana e Guerrina (tre amiche per sempre, un’emiliana e due friulane) stavamo lasciando Londra per tornare a casa dopo un anno trascorso alla pari … passando per Parigi.
Era il maggio del Sessantotto e noi eravamo convinte di “cavalcare†degnamente la rivoluzione culturale e sociale in corso. Portavamo la minigonna!!! Parlavamo un po’ di inglese! Ci sentivamo libere!
Non ci spaventavano i fermenti e le proteste ma eravamo in cerca di situazioni…. divertenti e frizzanti …da fotografare. Persino con i soldati con carro armato davanti alla Sorbonne.
Incoscienti, ma fortunate.
Come Magoo passavamo indenni tra situazioni dense di pericolo come autostop con tipi loschi, pernottamenti in pensioni di infimo ordine, pochi soldi per nutrirci, tentativi di seduzione… rese forti dall’entusiasmo ingenuo e da quella ricerca di autorealizzazione e libertà che forse era uno dei punti ideologici del Sessantotto. (senza esserne consapevoli. )
Se si doveva scegliere tra un rullino nuovo per scattare foto o un pasto si sceglieva il primo.
Così ci si accontentava di una scatoletta di sardine mangiate al Bois de Boulogne e di qualche crackers ; ma ora abbiamo foto straordinarie di noi tre ragazze poco più che ventenni che si fanno ritrarre in Place du Tertre, che ridono e che si lavano soltanto la frangetta dei capelli nelle toilettes di qualche bar .
Che si poteva fare ancora per prolungare questo sapore nuovo di libertà e possibilità che sembrava proprio ci venissero offerti dal momento storico?
Inebriante infatti era stata la scoperta delle nostre possibilità a Londra : vivere a modo nostro.
Se Giuliana aveva avuto soltanto in testa i Beatles e continuava a ripetere di averli visti (il che non era vero perchè quell’anno i musicisti erano andati in India) , se Guerrina era fuggita da una delusione d’amore, io vagavo a mo’ di Alice nel paese delle meraviglie… alla ricerca dei luoghi dei miei libri preferiti : Austen, Dickens, Agatha Christie. I miei gridolini di gioia quando scoprivo Baker Street dove  -nei romanzi – abitava Sherlock Holmes destabilizzavano gli amici.
Sì, avevamo tanti amici, uno in particolare molto caro, romano de Roma, ci chiamava le “spampanateâ€, ma avrebbe fatto tutto per noi.
C’erano anche vari corteggiatori.
Ognuno i suoi.
Se Giuliana attirava Pakistani, iraniani, afghanistani che la definivano “Lady Madonnaâ€per via dei suoi capelli lunghi e ondulati, Guerrina sfarfalleggiava a destra e a manca, io avevo un intellettuale turco, un cambogiano, alcuni spagnoli, e un africano che mi chiamava Mirinda perchè a quel tempo c’era una pubblicità di arance Mirinda. E per lui, io , bionda e spesso vestita di arancione dovevo chiamarmi così.
Il sogno di incontrare il Lord inglese che mi avrebbe impalmato e portato a vivere nel maniero dal parco pieno di pavoni e dove ci si doveva cambiare d’abito per la cena era miseramente crollato. Non ho conosciuto nessun ragazzo inglese!
Ma torniamo alla nostra decisione di andare ad imparare il tedesco.
 Mio padre aveva sempre paura mi capitasse qualcosa: quando andai a Londra si era raccomandato fingendo di divertirsi “Attenta a Jack lo squartatore†quando andai in Spagna a trovare un’amica esclamò affranto “Ma ci sono i Pireneiâ€!, ora che avevamo deciso di andare in Germania brontolò “E il mostro di Dusseldorf?
Avevamo dunque deciso per Monaco di Baviera. Mio padre ci diede un nominativo. Un certo signor Manna, che un po’ fu veramente la manna dal cielo. Ci aiutò per il primo mese a trovare un lavoretto in una fabbrica di….mutande. La Trikot Fabrik…piena di operaie turche e straniere che ci avevano adocchiato e capito benissimo. Le verginelle!
Arrivavano all’improvviso e ci aprivano davanti agli occhi …riviste pornografiche… io appannavo lo sguardo per non vederle .( Ci riuscite voi? ) E così le fregavo. Non facevo una mossa.
Vabbè.
Poi le cose migliorano perchè mio padre venne ancora in mio soccorso. Andai a lavorare in un’oreficeria e le mie amiche alla Siemmens
Abitavamo nella Shattenmanheim una sorta di residenza per studentesse e lavoratrici. Friederich Loy strasse, nello Schwabing, una zona festosa di Munchen. Per i primi tempi rimanemmo nella Keller, lo scantinato. (Poi ci trasferimmo in una stanza tutta per noi tre). Qui, nella Keller, eravamo in otto, ma che incontri, ragazzi..!
Verlyn, californiana,  una straordinaria amica, venne persino a Borzonasca! Chris, altra americana che decise poi di andare in Iran in autobus alla ricerca di “viaggi†particolari, ma da allora ne ho perso le tracce. .. Frankie un’ irlandese dagli occhi azzurri e le gote rosse che esclamava sempre “Life is greatâ€.
So che è sposata con un tedesco e che vive in Spagna e che continua ad essere felice.
E poi Eika cecoslovacca fuggita dal comunismo. Quando si sentiva triste e sola correva in profumeria e si dava allo shopping di cosmetici e profumi. Mi regalò Un certo sorriso di Francoise Sagan, in tedesco. Non sono mai riuscita a leggerlo, ma lo conservo devotamente come cimelio di un altro anno importante, quello tedesco, durante il quale, anche se non ho imparato bene la lingua mi sono divertita moltissimo e ho vissuto un importante momento:
Il primo Natale lontano dalla famiglia.
Sapevo ciò che nella mia casa di  Carpi ci sarebbe stato: tavola apparecchiata con cura, cappelletti in brodo, branzino o lesso, tante salse, zuppa inglese, albero di Natale, ma soprattutto la mia famiglia, il calore della home. Le tradizioni, la consuetudine, il conforto.
Qui a Monaco, nella grande sala dei pasti, saremmo state in tante ragazze , tutte con una personale motivazione. Necessità ? Un sogno da realizzare? chissà …il sogno di un mondo migliore? Di un’eguaglianza sociale? Sicuramente della voglia di vivere gioiosamente insieme  un tratto  della nostra giovinezza.
Mi rimangono alcune foto di quella vigilia di Natale: sono sorridente con la tazza di tè accanto e il regalini offerti dalle direttrici: un asciugamano e un sacchetto di dolcetti.
Un’altra foto con Giuliana e Guerrina con le quali condivido ancora gli alti e i bassi della vita.
E una corale con tutte le ragazze dei vari paesi: sguardi vivaci, sorrisi grandi, gesti giovani e spontanei.
Ma ciò che ricordo soprattutto di quel mio primo Natale abroad (non in brodo, ripeto) è la consonanza con altre anime golose di vita, di conoscenze, di empatia e di affetto.
E ripensandoci tutto ciò era quello che mi avevano insegnato i miei genitori con il loro esempio : guardare e ascoltare gli altri, essere aperti all’altro da noi.
Perchè stiamo percorrendo tutti quanti un tratto di vita individuale e universale e se condividiamo, ci parliamo, ci vogliamo bene, tutto può essere più facile e più lieto.
Buon Natale a tutti voi che mi leggete!
Carissima Buon Natale… Il tuo racconto mi ha divertito e commosso.. Ma perchè non pubblichi Vestivamo in minigonna..? E’ divertente, arguto e soprattutto si sente che è vero e sincero.. Baci mitica Mirna con affetto , auguri a tuttiRaf