AMATA SCRITTURA, per "sgomitolarci"
pubblicato da: admin - 3 Aprile, 2010 @ 8:25 amHo ricevuto questo saggio di Dacia Maraini da una cara amica, 10 anni fa, quando tentavamo di formare un Circolo di scrittura. L’obiettivo doveva essere  quello di scrivere paginette autobiografiche, riflessioni, poesie e di confrontarle per chiarire la nostra vita, raccogliere pezzetti esistenziali, cercare delle coordinate comuni per proseguire il nostro percorso. L’iniziativa non ebbe molto successo, molte persone non riuscivano a raccontarsi sulla carta, preferivano il dialogo a tu per tu, o ancora non amavano svelarsi troppo. Rimanemmo in pochissime per cui il Circolo si sciolse.
Ogni persona è diversa, per fortuna, l’importante è sapere che cosa ci fa sentire meglio, “centrate” come dice mia figlia Stefania. Per me, ovviamente, l'”amata scrittura” mi ha aiutato e mi aiuta tanto.
Con le  riflessioni di Dacia Maraini concordo appieno circa il  valore terapeutico delle parole scritte che medicano le ferite e le “zone ingorgate della memoria“ . La Maraini sottolinea la necessità per molti di costruire “una mappa del rapporto con se stessi.” Chi legge tanto  sente la necessità di scrivere perchè il mondo parallelo della letteratura apre e scandaglia il proprio mondo interiore risvegliando misteri e sentieri della propria vita. Diventa quasi una necessità fisica puntellare le proprie epifanie, confidare chiaramente e sinceramente il proprio dolore, codificare un sentimento confuso con le parole della nostra lingua.
Scrive  Juan Ramòn Jiménez: “Intelligenza, dammi / il nome esatto delle cose!! /La mia parola sia /la cosa stessa / creata nuovamente dalla mia anima.
Verba volant, scripta manent. Se mettiamo sulla carta ciò che è dentro di noi questo uscirà dall’ombra. Forse ne abbiamo paura? Meglio le parole che scorrono aeree,e che possiamo accantonare?
Non solo scrittura come intreccio con le letture, che è il filo conduttore del mio blog, ma scrivere per curiosità intensa della vita, golosità per le mille sfaccettature dell’esistenza, svelarsi per porgere la mano agli altri. E’ talmente variegata la vita di un essere umano che un momento, un attimo è  paragonabile a una tessera di mosaico che  contiene tutto il suo passato ed insieme le aspettative del futuro. Se scrivo questo mio pensiero l’ho catturato per sempre, come una farfalla imprendibile.
Che cosa meglio che scrivere in poesia i “momenti d’essere?”
Per tornare alle pagine di Dacia Mariaini, riporto un pezzetto di una intervista da lei fatta a Marco Lodoli (romanziere e poeta).
Chiede la Maraini :”Che cosa le dà di diverso la poesia da un racconto?”
Lodoli risponde:” E’ il tempo che è diverso nella poesia, è proprio la combustione del tempo per cui le parole ardono in un modo così immediato, come accendere uno zolfanello in una grotta.”
Ieri notte alla fine dell’intervista che mi ha fatto Maurizio Costanzo, sulla mia vita e sul blog, abbiamo parlato di poesia. Costanzo consiglia a  tutti di leggere poesia, egli stesso tiene sempre un libro di poesie sul comodino e incita a scriverne. Gli ho detto che ne scrivo anch’io. Ne vuole alcune.
Credo che gli invierò queste due:
L’attimo eterno
Non una, ma due, tre volte voglio vivere lo stesso istante
chè l’impeto del tempo in piena
si frantumi in mille schegge su di me
e mi sveli le infinite forme dell’esistere.
Voglio partorire versi su versi
per incatenare al mio sentire
i cerchi concentrici della possibilità ,
non un sorso voglio tralasciare della mia eternità .
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Se il buio
I giorni a venire saranno come vele in un porto,
come passeri che a sera si tuffano nel cuore del cipresso
in cerca del nido e del sonno.
Cammineremo accanto ai nostri sogni,
quasi sentendoli veri,
e se il buio ci sobbalzerà nel cuore
ci stringeremo forte e lo attraverseremo.
Bellissime le due poesie: mi sono “innamorato” soprattutto della seconda, “Se il buio”.
Ha proprio ragione Costanzo dicendo che “una poesia al giorno leva il medico di torno”: leggerle o ancora meglio scriverle. Anche io ogni tanto per qualche occasione o per liberarmi da qualche peso opprimente, mi lascio guidare dalla penna su un foglio bianco. Una volta finito, l’anima ritorna a respirare.
Ho ritrovato comunque l’iniziativa del Circolo della scrittura sfogliando un piccolo quadernetto delle medie, il “Q.P.” per gli addetti ai lavori, per gli altri il “quaderno dei pensieri”. Di settimana in settimana ognuno di noi doveva scrivere un pensiero su un tema stabilito, oppure una poesia, ecc. Conservo ancora con gelosia quei quaderni.
Stupende poesie… Costanzo le apprezzerà di sicuro…Io non amo molto scrivere, sono quella della lettura, forse è un pò la paura di mettersi in gioco ..Magari avessi avuto come prof.la nostra cara Mirna come l’ha avuta Luigi…Ma sono contenta di averla ora come amica 🙂
Mi e’ piaciuto in particolare il terzo paragrafo di questo post dove si parla di “zone ingorgate della memoria” e del rapporto vicendevolmente enfatizzante fra lettura e scrittura.Sono d’accordissimo sul “puntellare le epifanie” e dare voce e quindi parola a sentimenti spesso confusi. Come dice Luigi, dopo aver riempito un foglio bianco, ci si sente piu’ liberi e leggeri. Non so a cosa questo sia dovuto. Forse e’ perche’ una volta che abbiamo “registrato” una lettura di noi stessi, della vita e degli altri, ci sentiamo pronti per imbarcarci in una nuova avventura che magari stravolgera’ il precedente punto di vista. Ma “i cerchi concentrici della possibilita’” presuppongono un centro e quello sara’ dietro ad ogni pagina letta o scritta.
Sgomitolarsi nella scrittura penso sia sicuramente un ottimo esercizio, difficile da affrontare, ma quando ci si riesce è come aver conquistato una faticosa meta con annessa la soddisfazione che ne deriva.
Mi riprometto di farlo più spesso, ma lascio perdere e non ne so ancora spiegare il motivo. L’ho fatto in momenti di grande dolore, per la perdita o il distacco di persone a me care, o di disagio in situazioin che non riuscivo più a gestire, ma non so più cosa ho scritto. Ricordo però che è servito per riapproriarmi di tutti i sentimenti di bene che avevo avuto la sensazione di aver perduto e che ormai sento che fanno parte della mia esperienza.
Cara Mirna apprezzo anch’io le tue poesie e, come Luigi, soprattutto la seconda.