BELLE PER SEMPRE DI KATHERINE BOO
pubblicato da: Mirna - 9 Febbraio, 2014 @ 7:54 amUna storia vera, la realtà di uno slum indiano, questa raccontataci da Katherine Boo, vincitrice nel 2001 del Premio Pulitzer. Una reporter che descrive con occhio attento ed  empatia struggente la vita di Abdul , un ragazzino che sostenta la famiglia raccogliendo e rivendendo spazzatura.  Le “belle per sempre” sono piastrelle italiane che campeggiano sul muro che divide il viale d’accesso all’eroporto di Mumbai dallo slum di Annawadi, un microcosmo disperato con qualche sussulto di speranza in una vita migliore.
I personaggi sono tanti: dai bambini denutriti, agli storpi, ai malati.
I fatti raccontati sono reali perckè la Boo, sposata a un indiano e vivendo tra USA e India,  ha osservato per anni la vita quotidiana di Annawadi. Proprio il marito le aveva consigliato di non soffermarsi solo sulle apparenze della nuova ricchezza dell’India, ma ad andare a fondo sulle diverse realtà del paese che conta ancora un quarto dei denutriti a livello mondiale.
Gli abitanti dello slum indiano non sono però patetici, nè mitici, tantomeno passivi. E il protagonista di questo reportage romanzato è un ragazzino di sedici anni, o forse diciannove,  che non si dà per vinto, nonostante le false accuse di aver tentato di bruciare una storpia. Perchè anche tra le persone sfinite di lavorare tra i rifiuti aleggiano gli stessi sentimenti di tutti. Sì, solidarietà , ma nache invidia e malignità .
“Si avvicinava la mezzanotte. La donna con una gamba sola era atrocemente
ustionata, e ormai la polizia di Mumbai stava andando a prendere Abdul e suo
padre. In una povera baracca vicino all’aeroporto internazionale, i genitori di
Abdul presero una decisione dopo aver parlato brevemente. Il padre, malato,
sarebbe rimasto nella casupola con il tetto di lamiera e il pavimento ricoperto
di immondizia dove vivevano in undici, e si sarebbe fatto arrestare senza
opporre resistenza. Abdul, l’unico che guadagnasse per tutta la famiglia, doveva
fuggire. Come sempre, l’opinione del diretto interessato non era stata
richiesta, e ora Abdul era in preda al panico, incapace di pensare.”
Un libro che piacerà ai lettori di Khaled Hosseini. Un libro “brillante capace al tempo stesso di informare, agitare, istigare, ispirare.”
ATTENZIONE: Domani, lunedì 10 febbraio alle ore 17.00, sempre al bar-libreria Controvento  ci sarà il Gruppo di Lettura per parlare dei nostri libri.
Sarà nostra ospite la poetessa Nadia Nicolodi che ci illustrerà e leggerà alcune sue poesie tratte dalla raccolta  “Sopra le nuvole”
Ciao Mirna! Il tuo blog è ricchisimo, per me che non sono un gan lettore poi … riesce difficile seguirti sui singoli libri che leggi, commenti, ci presenti. In ogni caso, anche se non ho letto la maggior parte delle opere che ci presenti, leggere i tuoi post “è già leggere un libro”! Credo che dovrebbe nascerne la pubblicazione di un libro: mi permetto di immaginarne il titolo: “Liber liber” ovvero “Libro libero” o “Libero libro” …. by Mirma Moretti! Chennedici?
Da RAFFAELLA: “Grazie Mirna di avermi fatto conoscere questo libro, così interessante per me che ho vissuto per soli 5 gg in un hotel a quattro stelle ai piedi di una delle più grandi baraccopoli di Mumbai ( mi sentivo quasi in colpa), che ho girato questa città con Andrea e la nostra bambina, e ne ho vissute le contraddizioni sula pelle, la città più inquinata del mondo, con bimbi, malati e storpi agli angoli di ogni piccola strada, con la nostra referente che diceva di non dare loro nulla o avremmo scatenato una guerra tra poveri dove a farne le spese erano i più deboli E Sarawathi che guardava dal finestrino bambini come lei ma molto meno fortunati e voleva a tutti i costi dare loro qualcosa.Mumbai, Bombay, è questo e molto altro.E ti rimane dentro. Un’altra lettura che consiglio a proposito di India ambientato a Mumbai è lo splendido Il bambino con i petali in tasca di Anosh Irani. Copio una recensione.
Una storia alla Charles Dickens nel cuore di Bombay.
Il bambino con i petali in tasca è una favola triste, perché parla di infanzia abbandonata e di sofferenza, ma anche commovente, perché insegna a credere ancora nell’innocenza e nel sogno.
Chamdi ha 10 anni, e ha sempre vissuto, protetto e nutrito, nell’orfanotrofio alle porte di Bombay. Una Bombay ferita e martoriata dagli scontri politici e religiosi tra induisti e musulmani nei primi anni 90.
Non conosce nulla delle sue origini e del suo passato, ma ne è ossessionato. Chamdi è un ragazzino sensibile e sognatore, incantato dai colori delle bouganville che ricoprono i muri dell’orfanotrofio: sono colori così belli e puri che con loro non si conosce il dolore e la tristezza.
Il giorno in cui viene annunciata la definitiva chiusura dell’orfanotrofio, il cui edificio è stato messo in vendita, Chamdi capisce che è arrivato il momento di affrontare il mondo da uomo: costringe la direttrice a rivelargli la verità sulla sua identità , e quando scopre di essere stato abbandonato lì dal padre, scappa di notte – con le tasche piene di petali – per andare a cercarlo.
E lì, aggiungo io inizia una grande e triste avventura…
A domani , un abbraccio”