STORIA DI CHI FUGGE E DI CHI RESTA di Elena Ferrante, ed.e/o
pubblicato da: Mirna - 12 Gennaio, 2014 @ 4:56 pmNon c’è niente da fare. Se inizi un romanzo della Ferrante vieni travolta e assorbita da una Napoli oscura che qui nella sua trilogia o quadrilogia  de L’amica geniale diventa il simbolo della misteriosa femminilità , di un oscuro abisso “uterino”che non lascia spazio all’illusione di donna- non più vittima. Sentimenti viscerali che mi fanno pensare a Shakespeare, a re Lear quando per vendicarsi delle due figlie traditrici inveisce contro l’utero definendolo contenitore di pericolosi miasmi. E queste sono le riflessioni che Lila , l’anima nera e splendida di questa storia, attribuisce agli uomini .
E ci sono sempre le due amiche-nemiche che vivono lontane e vicine perchè sempre l’una nel pensiero dell’altra come perenne confronto e desiderio di approvazione.
Ormai hanno più di trent’anni:
Lenù, Elena Greco, l’io narrante si è sposata con un accademico, è entrata a far parte di una nota famiglia di intellettuali, lei stessa dopo aver frequentato la Normale di Pisa ha pubblicato un romanzo. Contuinua a sentirsi fortunata, ad essere uscita da quel rione-ghetto della sua infanzia dove malavita, volgarità , povertà la facevano e continuano a farla da padroni.
Ma nel suo intimo si sente ancora parte di quel microcosmo al quale invece Lila, con coraggio, è voluta tornare. Ed ecco che in questa decisione della sua “amica geniale” le domande su se stessa: ma la vincitrice è Lila, non io? Lila che ha capito com’è la natura degli uomini e sa con arcaica preveggenza che niente può cambiare?
In realtà Elena si sente soffocare nella Firenze borghese dove si è trasferita con il marito e si sente “aggredita” da due maternità ravvicinate. Sente la sua individualità , i suoi propositi e sogni di libertà vacillare sotto il “destino eterno” della femmina.
Il ritmo è incalzante, teso che ci fa percepire insieme alle vicissitudini delle due “amiche” i terribili anni Settanta, gli anni di piombo.
Lila che lavora in una fabbrica di insaccati vive sulla sua pelle le difficoltà del proletariato e i primi conflitti sanguinosi fra “fascisti e comunisti”.
La vita di Lila  – pensa però Elena – è mossa, sembra sapere e conoscere come va il mondo. Elena si sente sempre subalterna all’intelligenza di Lila la quale  più tardi entrerà come programmatrice  IBM in una fabbrica degli odiati  Solara, i malavitosi del rione.
C’è un momento clou  che unisce quasi tutti i protagonisti di questa saga: la cena offerta da uno dei fratelli Solara diventato  compagno della sorella di Elena. Occasione per festeggiare la madre –  che tutti sanno è un’usuraia e forse l’assassina di don Achille di cui si parla nel primo libro. – Ed è in queste ore cariche di tensione che si svelano e sfaccettano i sentimenti di tutti.
Quindi anche Elena “cede” ai compromessi accettando questo invito, sente che Lila è sempre un passo avanti a lei, forse ha ragione in tutto?
Sente che il lungo filo di voce che era stato il contatto per anni non aveva loro giovato. Avevano mantenuto il legame tra le loro due storie, ma per sottrazione. Erano diventate l’una per l’altra entità astratte…” tanto da potersi inventare dell’una e dell’altra qualsiasi capacità di azione e di pensiero.
Ma il passato è dentro le due donne cresciute in quel sobborgo vivo e sanguigno e i personaggi ritornano, come Nino il primo grande amore di Elena che le era stato sottratto per un breve periodo  dalla magnetica Lila.
Storie forti queste di Elena Ferrante che ha il coraggio di non essere retorica sulla vita delle donne, della maternità , del matrimonio.
Ha scritto di lei  “The New Yorker”: “…Aggredisce le smancerie borghesi e il decoro domestico, strappa via la pelle della consuetudine…”
Ma la vita di Lenù e Lila non è finita, ci saranno ancora decenni da raccontare. Aspetteremo dunque con ansia il quarto volume.
Cercate sul blog il mio commento sui precedenti: L’amica geniale, Storia del novo cognome.
Ho letto, grazie alle tue indicazioni , i primi due libri della trilogia che mi hanno avvinto e fatto percorrere parte della mia infanzia.
Il maschilismo predominante di allora impediva alle donne di esprimere le loro volontà e ne evidenziava il disagio morale e materiale . Vero e’ che ci si abbandonava maggiormente all ‘amica del cuore cosa che oggi si fatica. Ora ci sono molti amici ,ma spesso l’amicizia viene in secondo piano per lasciare il posto all’interesse materiale.