BEAUTIFUL TOSCANA, una lettera d'amore
pubblicato da: admin - 22 Marzo, 2010 @ 7:34 pmTutti amiamo la Toscana. E’ il suo fascino dolce di terra nel cuore dell’Italia, di culla del nostro Rinascimento e della nostra lingua che ci ammalia. Ma ancor di più sembra essere amata dagli inglesi e dagli americani  che hanno comperato case e casali nelle sue valli ridenti di girasoli, ulivi e vigneti. Questo libro di Frances Mayes è la continuazione del suo primo romanzo  “Sotto il sole della Toscana“, dove lei racconta in modo minuzioso ed appassionato l’acquisto di una casa e la sua ristrutturazione nelle val di Chiana aretina, vicino a Cortona. “Bramasole” è il nome dato alla casa, che dopo mesi e mesi di lavori, fatta crescere come un bambino amato, diventa il centro della nuova vita di Frances e di suo marito.
Pur continuando a tornare a San Francisco per lavoro, è nella sua casa  in Toscana che la scrittrice si sente preda della felicità del vivere quotidiano. E’ una dolce vita, come scrive, proprio perchè scoperta, amata e conquistata, da assaporare come vino prezioso.
“Quale felicità che le ombre dei cipressi segnino di larghe strisce scure la strada inondata di sole; quale felicità nel mio primo giorno di ritorno a Cortona…” così inizia “Beautiful Toscana “che è una dichiarazione d’amore non solo per questa regione, ma per tutta l’Italia. Da “Bramasole” infatti Frances e il marito partiranno per conoscere a fondo l’animo, i paesaggi, la cucina italiani. Ne risultano pagine piacevolissime dedicate anche al Veneto e  alla Sicilia per le quali oltre alla curiosità e all’interesse culturale, emerge un desiderio di abbandono quasi sensuale alle emozioni che esse  suscitano.
L’Italia per Frances Mayes è il luogo della vacanza dell’anima, delle scoperte esteriori ed interiori, il famoso “altrove” che noi ricerchiamo e che forse abbiamo a portata di mano.
“L’Italia è il giardino d’Europa” ci  ripeteva la maestra alle elementari. Ogni interrogazione di geografia iniziava con questa proposizione enunciativa. Io ne ero fierissima: quando mi trovai in Inghilterra e in Germania continuavo a ripetere orgogliosamente “Noi siamo i figli di una civiltà millenaria, di una civiltà superiore…” Non so se possiamo continuare a ripeterlo, ma io mi sento molto italiana ed anche toscana. Mio padre era della provincia di Pistoia. Il mio sangue è mezzo toscano e mezzo emiliano, come l’Appennino.
In casa c’era una sorta di “guerra fredda” fra la pratica e lavoratrice mamma emiliana e il papà sognatore, “discendente” di Dante, Leonardo, ecc. Lui si sentiva intellettualmente superiore solo per l’aria respirata alla nascita e durante la sua giovinezza. Abitavamo a Carpi, ma lui tornava spessissimo in Toscana per comperare il pane, l’olio, i fagioli di Sorana, la finocchiona (mia madre brontolava, brontolava…), ma lui diceva che appena passata la Porrettana gli passava il mal di testa!
Toscana, grande amore a Primavera soprattutto, quando si andava a visitare i nonni e gli zii. Le scampagnate di Pasquetta sulle colline, San Giminiano dalle cento torri, i cipressi di Bolgheri …
E Cortona. La Mayes nei suoi libri parla di un negozietto del centro  dove c’è un merlo parlante. ” …per via passo accanto a Caruso, il merlo che vive in una gabbia davanti a una bottega di antiquariato…” Che emozione quando leggendo queste righe ho ricordato che mio marito Piero intrattenne una “conversazione” proprio con il succitato merlo quando una decina di anni fa ci trovavamo in quella deliziosa cittadina perchè Stefania doveva suonare nella Sala Consigliare.
Ma come detto prima in questo libro si parla anche del Veneto e delle sua acque, di Venezia soprattutto, della sua magia :”Venere a Venezia. Noi a Venezia.” La Mayes legge della passione  di Byron per alcune dame veneziane, cerca di vedere attraverso i suoi occhi i palazzi rosati dall’aurora.
E poi la Sicilia: ancora in cerca della primavera. Palermo : “aria profumata, palme, e il mare di un intenso azzurro…Le palme svettano ovunque. Amo le palme perchè ricordo  ciò che disse W. Stevens – La palma all’estremo limite della mente“. Le palme sono dovute agli arabi venuti nel IX secolo, ma anche le fontane, le spezie, il gelato, le cupole.
“Le palme, le cupole – rosse dorate, verde acqua o grigio verde – sono il simbolo di Palermo.” Chiedo ad Enza se è d’accordo.
Ed infine un menu siciliano: caponata, zucchine alla menta, olive piccanti, spigola di mare in crosta di sale, torta al limone con mandorle tostate. Mancano i cannoli e la cassata, ma Enza mi ha detto che si possono gustare anche a Trento.
A proposito di Enza: sua è la foto di destra. Grazie!
Quanto prima lascerò un commento, ma quello che mi preme subito di dire, prima che mi si accusi di plagio, è che la foto a destra non è mia, ma l’ho solo inviata a Mirna, avendola copiata da Internet assieme ad altre due!
Affascinante la Toscana…. Ho visto il film Sotto il sole della Toscana tratto dal libro ma nonostante la splendida fotografia, certe emozioni le rende solo l’essere lì, in quei posti o leggerne la descrizione sulle pagine di un libro quando la fantasia può iniziare i suoi voli…
Campagna toscana
La luce accecante
sprigiona profumo di terra
da zolle rimosse ne’ campi.
Le pietre a contorno son ricche
di more spinose e di fichi:
in siepi sinuose costeggiano il bianco tratturo
che porta ad antico podere.
Ascolti cicale.
Sull’aia
un popolo gaio rincorre il mangime.
All’ombra d’un fitto pagliaio sonnecchiano cani.
C’è acqua nel pozzo
e lunga catena stridente vi cala una brocca di rame.
Profumano i pani appena sfornati
e ‘l fuoco rallegra la propria fascina.
Un fiasco di vino sul desco richiuso con foglie seccate.
Nell’aria le mosche.
La stalla è vicina: giumente imponenti frantuman pannocchie,
corone regali sovrastano candidi corpi giganti
e gran carri stanchi riposan le ruote dal duro lavoro.
Filari frequenti ed ulivi perforan la coltre del grano.
Colori:
la terra di Siena
il giallo del sole
il verde d’olivo.
Prezioso convivio, colture scomparse,
memorie scolpite per sempre da tratti d’amore
Riccardo Lucatti
Amo la Toscana, anche perchè là vive un caro amico in una casa fuori dal mondo e dove ogni tanto mi reco in compagnia di altri per gustare le atmosfere incontaminate di quei luoghi sereni. Devo dire che, se potessi, vivrei qualche mese all’anno là e in vicinanza del mare, ma forse resterà un pio desiderio.
Non solo le palme, le cupole e il mare sono il simbolo di Palermo, ma anche le belle e larghe strade del centro con i suoi palazzi liberty, i mercati come la Vucciria, Ballarò, il Capo, il Mercato delle Pulci. “Vuccirìa” in siciliano significa “Confusione”. Oggi, la confusione delle voci che si accavallano e delle grida dei venditori (le abbanniati) è uno degli elementi che, maggiormente, caratterizza questo mercato palermitano.
Ho trovato un’altra “Vucciria” a Barcellona: La Boqueria, uno dei mercati più visitati del mondo, giusto a metà della Rambla, come la “Vucciria”, nel cuore di Palermo. Penso che l’etimologia sia la stessa e derivi dal francese boucherie che significa macelleria.
Mancano i gelati, le granite, il “pani ca meusa”, gli arancini e altre delizie altamente caloriche, mentre la cassata e i cannoli non sono gli stessi che si gustano qua (naturalmente)!
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