a�?a�� La mia A? una fotografia “reale” perchA? vuole rappresentare la realtA�; io fotografo a colori perchA? ilA�mondo A? a colori e non in bianco e nero. Questo perA? non a discapito dello stupore che voglio sempreA�rinnovare fotografando prima nel mondo, poi sulla lastra e poi nell’immagine finale…a�?
Dopo i floridi periodi in cui, quasi esclusivamente all’estero, la fotografia sull’onda delle correnti metafisicheA�e surrealiste ha avuto aspirazioni espressive, negli anni ’60/70 la tradizione fotografica italiana A? stataA�catalizzata dall’aspetto amatoriale e documentaristico che aveva come aspirazione, forse unica, laA�pubblicazione su settimanali e riviste specializzate. Con tutti i limiti insiti nella sua definizione, la fotografiaA�”amatoriale” ha sempre goduto della libertA� di non essere vincolata ad alcunchA� e di trovare gratificazioneA�nell’esaltazione dell’ Io dell’autore.
Proprio a partire dagli anni ’70 la fotografia A? uscita dalla sfera del privato ed ha cominciato a crescereA�grazie anche al contributo di fotografi “concettuali”. Significativo A? lo sviluppo proprio in questo periodo diA�nuovi spazi espositivi ed il conseguente flusso di immagini che ha invaso il mondo delle arti visive dandoA�finalmente alla fotografia un riconoscimento oggettivo.
In questo scenario va inquadrato Luigi Ghirri, un fotografo forse non molto conosciuto ai non addetti aiA�lavori, ma che io non esito ad inserire nell’elenco, ahimA�, non troppo lungo, dei grandi fotografi italiani.
Di origini emiliane, Luigi Ghirri A� nato nel 1943 a Fellegara, una frazione di Scandiano in provincia di ReggioA�Emilia. Inizia a fotografare nel 1970 facendoci scoprire le cose che vediamo tutti i giorni, ma lo faA�confrontandosi subito con gli artisti concettuali di quel periodo.
La novitA� delle sue opere sta nella ricerca in fotografia delle forme, ma soprattutto nella scelta di operareA�sul paesaggio che, se da un lato si collega alla lunga storia della pittura ed a un inevitabile confronto,A�dall’altro si smarca da essa proprio per la diversitA� dei luoghi affrontati: ambienti marginali, di frontiera, diA�paesaggio tra l’urbano e il rurale, fra tecnologia e natura, fra storia e attualitA�. Un paesaggio instabileA�dunque, che proprio nella sua “banalitA�”, discrezione e profilo anti-trionfalistico, trova la sua forza. E laA�forza di questo straordinario artista sta proprio nel saper svelare la poesia e la nascosta bellezza diA�un’altalena su una spiaggia romagnola deserta o di un cannocchiale che sembra scrutare l’infinito o di unaA�giostra che gira. Sono oggetti, paesaggi e situazioni che fanno parte del nostro quotidiano e che quindiA�diamo per scontate, ma che Ghirri ci aiuta a scoprire con il suo sguardo unico, quasi appartenessero ad unA�mondo lontano. Fu la figura chiave della New Wave fotografica italiana degli anni ottanta. ComeA�testimoniato dalla serie Kodachrome del 1970/78 o Atlante del 1973, Ghirri partA� con uno spiritoA�esplicitamente concettuale per poi approdare agli inizi degli anni ottanta alla fotografia cheA�apparentemente sembra un rapporto diretto tra soggetto, mai apertamente raffigurato, e lui, il paesaggio.
E’ un errore parlare di pittoricitA� proprio perchA? la complessitA� della sua opera porta ad individuare la suaA�fotografia come fotografia sperimentale. Sono certamente immagini “belle” da guardare, ma questo nonA�deve portare fuori strada. Le sue immagini vanno osservate in modo non superficiale e solo cosA� si potrA�A�capire che lui non ha mai pensato di fotografare il paesaggio urbano, rurale, storico e quant’altroA�utilizzando l’obiettivo al posto del pennello. Un testo chiave A? proprio quanto da lui affermatoA�nell’introdurre l’altro suo importante lavoro Paesaggio Italiano: “… il paesaggio non A? dove finisce la naturaA�e inizia l’artificiale, ma una zona di passaggio, non delimitabile geograficamente, ma piA? un luogo del nostroA�tempo …” Chiaro il significato: Il paesaggio non A? un’entitA� fisica, ma una macro-forma da studiare. E’ unaA�condizione del nostro vivere, del nostro essere immersi nel mondo. A suffragio di questo concetto, miA�permetto citare Ansel Adams, considerato all’unanimitA� il piA? grande paesaggista, il quale riteneva cheA�compito del fotografo fosse quello di rappresentare form su shapes, forme culturali su forme naturali.A�Luigi Ghirri ci ha lasciati troppo prematuramente a soli 49 anni.
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